Maria Antonietta, addio all’Ancien Regime


Quasi sei anni dopo Kirsten Dunst – l’infantile e viziata Maria Antonietta di Sofia Coppola – tocca alla tedesca naturalizzata francese Diane Kruger (Bastardi senza gloria) portare sullo schermo la Regina austriaca che voleva dare al popolo francese, affamato e derelitto, i croissant al posto del pane. Almeno secondo la vulgata post rivoluzione che dipinse sempre l’autrichienne come un mostro insensibile, emblema di un’aristocrazia ottusa e abbarbicata ai propri privilegi. Prospettiva unilaterale quanto quella dei reazionari che ne fecero la “regina martire”, ma gli storici oggi ce la raccontano come vittima della ragion di Stato e degli interessi dinastici, mandata a sposare il Delfino di Francia, futuro Luigi XVI, a 14 anni da una madre ambiziosa e priva di scrupoli, Maria Teresa d’Austria. Impreparata e frivola, ma poi via via capace di assumersi responsabilità sempre maggiori. Basti rileggere il libro scritto su di lei nel ’32 dal connazionale Stefan Zweig, “Maria Antonietta Una vita involontariamente eroica”. “Non fu né la grande santa dell’idea monarchica, né la grande bagascia della rivoluzione, bensì una donna comune, non troppo intelligente, non troppo stolta, né fuoco né ghiaccio, senza energie speciali per il bene e senza la minima volontà al male. Ma talvolta un simile individuo di medio valore è in grado di frangere le dure zolle del proprio destino, di ergersi violentemente con la propria energia al di sopra della sua stessa mediocrità: di ciò la vita di Maria Antonietta è forse il più luminoso esempio storico. Senza le prove della sorte, non avrebbe mai appresa e conosciuta la sua vera grandezza”.

 

Chissà se questa grandezza inattesa ha conquistato anche Benoît Jacquot, che per l’ennesima volta porta al cinema il mito dell’ultima regina con il dramma storico Les adieux à la Reine, la coproduzione franco-spagnola che apre il 62° Festival di Berlino. Il film è un adattamento di un altro romanzo biografico, quello di Chantal Thomas, ambientato nella Versailles del 1789 alla corte di Luigi XVI, proprio nei giorni della grande rivolta che stava per sfociare nella presa della Bastiglia. In Francia il libro, uscito nel 2002, ha vinto il prestigioso Prix Femina, in Italia è arrivato sugli scaffalli l’anno dopo con il titolo “Addio mia regina” e con un discreto successo. Inizia, il libro, nel rigido inverno del 1810 in una Vienna spettrale, assediata dalle truppe napoleoniche, dove un’anziana signora francese si trova a rivivere a distanza di vent’anni l’angosciosa atmosfera degli ultimi tre giorni trascorsi a Versailles. Per undici anni, Agathe-Sidonie Laborde ha vissuto alla corte di Luigi XVI in qualità di lettrice della regina. Grazie a una devozione incondizionata nei confronti della sovrana e a una voce cristallina, priva d’inflessioni, ha avuto accesso all’alcova di Maria Antonietta e alla sfera più intima della sua vita. Da questa posizione privilegiata, è stata testimone dello sgretolarsi di quel mondo e, nelle concitate ore prima della resa, Maria Antonietta le ha affidato un ultimo, delicato incarico.

Nulla a che fare, dunque, con la Versailles colorata ed effimera che Sofia Coppola ci aveva raccontato come una Disneyland settecentesca, dove si ballava sull’orlo del naufragio, questa Versailles è quella dei giorni tragici e frenetici tra il 14 e il 16 luglio 1789, raccontati dal punto di vista femminile. A Sidonie (Léa Seydoux), si aggiunge la contessa Gabrielle de Polignac (Virginie Ledoyen), nobile favorita della regina. Con le due giovani donne, Maria Antonietta intrattiene un rapporto forte, esclusivo, forse anche venato di attrazione erotica. Sicuramente più appagante di quello col regale consorte. Il compito di tratteggiarla, dopo Michèle Morgan e Ute Lemper, per citarne due tra le tante, spetta stavolta a Diane Kruger, che non si tira indietro quando le chiedono un parallelo tra quel fatidico 1789, che cambiò il corso della storia occidentale, e il nostro mondo contemporaneo, agitato da crisi, terrore e disuguaglianze insensate. “In effetti, anche noi siamo una società sull’orlo del baratro. Parte dell’umanità continua a buttare milioni di dollari senza tener conto dell’altra, esclusa da tutto, ormai prossima a rivendicare i suoi diritti”.

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08 Febbraio 2012

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