Marco Tullio Giordana: divorzio dalla politica

E’ un Giordana amareggiato quello che apre il convegno internazionale “CINEMA & STORIA. Tempo, memoria, identità nelle immagini del nuovo millennio”


E’ un Giordana amareggiato quello che apre il convegno internazionale “CINEMA & STORIA. Tempo, memoria, identità nelle immagini del nuovo millennio”, curato da Christian Uva e Vito Zagarrio per il Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell’Università Roma Tre che parte oggi a Palazzo Braschi di Roma e abbinato alla mostra fotografica “WAR IS OVER! L’Italia della Liberazione nelle immagini dei U.S. Signal Corps e dell’Istituto Luce, 1943-1946”,  promossa dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, dal MIBACT e Istituto Luce Cinecittà.

“Ho cominciato nel ’79 con Maledetti, vi amerò – dice il regista – era un film contemporaneo, che si collocava un anno dopo i fatti del rapimento Moro. Parlava dei problemi di quel tempo, innescati dalla degenerazione del ’68. E io sentivo che la situazione italiana era grave, rispetto agli altri paesi, perché mentre nel resto del mondo, dall’Europa agli USA al Giappone passando perfino per il blocco sovietico, il tutto era stato metabolizzato con delle riforme, ed era diventato parte del progetto istituzionale, e tutti avevano capito che quella rivoluzione aveva buoni motivi d’essere, in Italia questi problemi erano stati ignorati. Si era dato delle cariche ai Capi della rivoluzione, gli si era fatto far carriera, ma senza risolvere nulla. E la storia si ripeteva, in continuazione. E quindi io avevo l’esigenza di puntare il dito su quei problemi, di sottolineare come ancora bruciassero, e fosse necessario affrontarli. Ma nel frattempo il tempo passava e i miei film diventavano film in costume. Negli anni ’70 gli attori prendevano gli abiti dal loro guardaroba, poi ha cominciato a servirmi il costumista. E mi è piaciuto anche guardare le reazioni del paese, solo che la sinistra, a cui io sentivo di appartenere, non solo non li ha adottati, ma ha rivolto a questi film le critiche più severe e, devo dire, spesso anche le più sciocche. Proprio da quelli che io pensavo si sarebbero potuti sentirne rappresentati.  In seguito alle polemiche per Romanzo di una strage, mi sono stufato, lo ammetto. Non voglio più occuparmi di questi problemi, perché è inutile, purtroppo. E’ stato un brutto divorzio, tra me è la politica. Non di quelli a seguito dei quali si resta amici. Io non la voglio più vedere, proprio perché l’ho amata tanto.  Però ho ancora voglia di amare, amo il mio paese, la società. Ma preferisco dedicarmi al teatro, o a occasioni come questa, dove ho modo di guardare in faccia e conoscere le persone che vengono a vedere i miei film, che spesso sono più simpatiche di quelli che ne scrivono, anche se forse così dicendo faccio torto a tanti che invece mi hanno sostenuto. Ammetto di aver fatto degli errori anche madornali, oggi non li rifarei, ma lo scatto del pregiudizio non aiuta nemmeno i giovani a crescere, e a sviluppare i loro talenti. Crea solo quella spaventosa malinconia che è la responsabilità più grande della mia generazione”.  

Il convegno, che si svolgerà in due giornate di studio (26 e 27 novembre) tra il Polo Aule Dams dell’Università e il Teatro Palladium, inviterà il pubblico a riflettere su nuove prospettive di ricerca e inedite ipotesi di lavoro circa il rapporto tra le immagini e la storia. 

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25 Novembre 2015

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