Marco Müller: giuria divisa in due


Marco Müller“I miei Leoni personali? Kechiche e Wes Anderson”. Marco Müller, a festa finita, incontra i giornalisti in una sala dell’Excelsior. È un appuntamento tradizionale per fare il bilancio ma quest’anno si commenta soprattutto il verdetto della giuria dei sette samurai, i sette registi. Un verdetto che ha sconcertato molti, almeno a giudicare dai titoli dei quotidiani. Tra deroghe al regolamento e registi delusi. Mentre il direttore non si sbilancia sul suo futuro: incerto tra una riconferma alla guida della Mostra o un ritorno alla sua attività di produttore.

Forse il regolamento va modificato, forse è troppo rigido.
Il regolamento va benissimo, ma quest’anno non avevamo alternative. Eravamo a cena con Bernardo Bertolucci, venerdì sera, era quasi mezzanotte e ci hanno chiesto una deroga, altrimenti la situazione non si sbloccava più. A quel punto il cda ha autorizzato l’ex aequo. Dopo undici ore di discussione non potevamo dire di no. Era l’unica soluzione per rispecchiare le anime della giuria e le anime della Mostra.

Kechiche non ha nascosto la sua delusione: era e si sentiva un Leone d’oro annunciato.
Tre giurati volevano dare il Leone d’oro a lui, tre a Todd Haynes. Zhang Yimou è stato un presidente straordinario: avrebbe potuto far valere doppio il suo voto, ma ha preferito evitare. Su Ang Lee si sono trovati tutti d’accordo e poi hanno dato l’ex aequo. Quanto a Kechiche la sua reazione ha fatto male ai giurati e a me. Bisogna dire la verità: ha realizzato un film che trasuda umanità ma purtroppo è un regista antipatico.

La giuria non ha neanche preso in considerazione i tre film italiani.
Ribadisco: i tre italiani del concorso sono i migliori che abbiamo visto e sono stati scelti da cinque selezionatori. Rappresentano la situazione del nostro cinema in questo momento. Del resto di Paolo Franchi ‘Screen International’ ha scritto: “E’ un debutto promettente che fa pensare a un erede di Antonioni”. Mentre per ‘Variety’ il film è un omaggio all’Hitchcock di Delitto per delitto.

È d’accordo sulla Coppa Volpi a Brad Pitt?
Quando farò il giurato vi dirò la mia opinione.

Ha qualche rammarico?
Non aver visto il film di Carlo Mazzacurati, La giusta distanza. È ancora al montaggio.

Quanto ha influito sul Leone d’oro il potere del presidente cinese, Zhang Yimou?
Ma perché Yimou, che secondo alcuni giornali sarebbe un regista di regime perché fa il film sulle Olimpiadi, premierebbe un taiwanese che ha fatto un film scomodo per la Cina? Lust, Caution è un’opera che usa l’erotismo per lanciare un messaggio politico come faceva L’impero dei sensi di Oshima. In questo momento Ang Lee sta cercando di vincere una battaglia contro la censura in Cina, mentre in America uscirà con il divieto.

Quanto queste vittorie cinesi a ripetizione, tre in tre anni, sono aiutate dalla direzione del sinologo Müller?
Lo dissero già nell’89, quando vinse il Leone Citta dolente, e Grazzini scrisse che era grazie alle mie manovre, anche se ero solo un consulente della Mostra. Io sono solo il pennino del sismografo che registra i movimenti a Est.

C’erano altri film che sono piaciuti alla giuria?
Sì, Help me Eros e quello di Johnnie To, che poteva vincere la Coppa Volpi per l’attore protagonista.

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09 Settembre 2007

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