In questi giorni, è sempre in viaggio, Marco Muller ed è sempre a caccia del capolavoro, soprattutto alla vigilia della prossima Mostra del Cinema di Venezia che vive per la prima volta nelle vesti di direttore. In attesa della conferenza stampa di fine luglio, si lascia strappare qualche anticipazione per cinecittà news.
Muller, quale spazio avrà il cinema italiano a Venezia?
Fondamentale. Anche se tutti continuano a sottolineare che sono un appassionato dei film asiatici. E’ vero, ma ciò che più mi interessa adesso è il cinema italiano. Spero di avere almeno tre film italiani in concorso. Venezia è una piattaforma di lancio internazionale e dovrebbe essere lo specchio di tutte le possibili pellicole nazionali. Oltre ai tre film italiani in concorso, ce ne saranno gli altri nelle altre sezioni, la Settimana della critica e le Giornate degli autori. Le conferme di Amelio e Antonioni restano, ma è ancora tutto da vedere: sto aspettando di guardare molte opere prime italiane, nelle quali credo, e che potrebbero stravolgere tutte le scelte fatte finora. Per questo, adesso, sarebbe inutile sbilanciarsi.
Ha già annunciato il Leone alla carriera a Manoel De Oliveira.
Manuel De Oliveira è un artista che, al di là dell’età, riesce sempre a rinnovarsi. Non ha importanza l’età anagrafica di un artista, ma solo la sua capacità di reinventarsi, di proporre sempre cose nuove.
Quanto sarà potenziato l’industry office, il cine-mercato di Venezia?
I film presenti a Venezia, come spesso accade anche in altri festival, sono già venduti. Ormai, un distributore compra un film subito dopo aver letto la sceneggiatura e sulla base del cast. Ma Venezia è un appuntamento essenziale per rafforzare il rapporto con i produttori, per comprare, magari, altri film di quello stesso regista, già conosciuto, che viene però riconfermato a Venezia. Solo così si dà visibilità internazionale al cinema italiano. La Mostra verrà aperta con Stanley Tucci, Tom Hanks e Catherine Zeta-Jones: questi ospiti rappresentano un modo per rassicurare gli esperti internazionali, i trendsetter e gli appassionati del mondo cinematografico ad avere maggiore fiducia nel cinema italiano e nei suoi festival.
In cosa si distingue la Mostra di Venezia rispetto a Berlino, Cannes o Los Angeles, in fatto di qualità e di meeting cinematografico internazionale?
Al Lido mancano ancora le strutture, le salette per far vedere i film. Ma ho piena fiducia nel lavoro che ha finora fatto Laura Marcellino: occorre aspettare la fine dei lavori attesi per il Nuovo Palazzo del Cinema di Venezia.
Quali sono i criteri scelti per selezionare un film?
Non esistono categorie astratte. I cinque esperti del comitato di selezione ed io la pensiamo allo stesso modo: io amo il cinema italiano più di ogni altra cosa, anche se tutti continuano a ricordarmi il mio passato di sinologo
che, comunque, non rinnego. Scegliamo i film che ci sconvolgono, che ci danno le cosiddette emozioni di pancia, quelle viscerali, che poi salgono alla testa e fanno pure riflettere. Non è facile stabilire per tutti i film lo stesso criterio: a volte, la scelta dipende da un fatto di luce, altre volte il criterio è legato al modo con cui vengono diretti gli attori, poi c’è la trama, l’immaginario. E comunque le opere prime italiane sono davvero straordinarie. Ho molta fiducia nel nuovo cinema made in Italy. Quel cinema che poi dovrà interessare i media, la stampa, l’attenzione, mondiale e nazionale.
Con MaXXXine, in sala con Lucky Red, Ti West conclude la trilogia iniziata con X: A Sexy Horror Story e proseguita con Pearl, confermandosi una delle voci più originali del cinema di genere dell’era Covid e post-Covid
Dove nessuno guarda. Il caso Elisa Claps - La serie ripercorre in 4 episodi una delle più incredibili storie di cronaca italiane: il 13 e 14 novembre su Sky TG24, Sky Crime e Sky Documentaries.
Codice Carla mostra come Carla Fracci (1936-2021) fosse molto più di una ballerina famosa.
Il disegnatore, illustratore e docente presso la Scuola Romana dei Fumetti ci racconta come ha lavorato sugli storyboard dell'ultimo successo di Gabriele Mainetti