Manta Ray, voce allo sconosciuto

"Il film evoca e racconta i corpi sconosciuti che annegano nel mare della Thailandia e vengono sepolti nelle profondità della terra la cui voce rimane inascoltata", sottolinea il regista


Manta Ray è stato presentato in anteprima mondiale alla 75ma Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Sentivo che il film sarebbe tornato nel luogo in cui era ‘nato’”: così si confida il regista Phuttiphong Aroonpheng,  in un video messaggio inviato in occasione dell’uscita del film in Italia (10 ottobre, con Mariposa cinematografica). Manta Ray , dopo aver vinto la sezione Orizzonti alla Mostra del Cinema, è stato presentato in altri 19 festival, dove s’è aggiudicato ulteriori premi: Golden Gateway Award per il Miglior Film al Mumbai Film Festival, Miglior regia al Thessaloniki Film Festival, una “menzione speciale” al festival di Taipei e una “menzione speciale” della Giuria Giovani al festival di Cabourg. Ora, in vista dell’uscita nelle nostre sale, è stato designato “Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI”, con questa motivazione: “Manta Ray, opera prima del regista thailandese Phuttiphong Aroonpheng, racconta in maniera originale e fortemente visionaria, il dramma dei Rohingya, gruppo etnico di religione islamica del Myanmar del Nord al confine con il Bangladesh, vittima di violenze e persecuzioni da parte dei buddisti. Il film, avvolto da un alone di diffusa sensualità e mistero, è la storia di una possibilità di convivenza e di rinascita, in grado di scrutare le acque più oscure e accendere neon nella foresta”. Il film godrà anche del   patrocinio di Amnesty International Italia (qui la dichiarazione del portavoce Riccardo Noury).

Così presenta Manta Ray  il regista: “il film evoca e racconta i corpi sconosciuti che annegano nel mare della Thailandia e vengono sepolti nelle profondità della terra: sono i corpi dei rifugiati Rohingya (come è noto, migliaia di rifugiati Rohingya ogni anno sono costretti ad abbandonare la Birmania, perché perseguitati, e avventurarsi per mare alla ricerca di una terra più sicura che possa accettarli. Un viaggio che spesso porta alla morte, con il rinvenimento dei cadaveri annegati sulle spiagge thailandesi), la cui voce rimane inascoltata. Al contrario, questa voce non deve scomparire, né venire dimenticata. Io l’ho registrata, perché voglio che continui a esistere, nel mio film”.

La storia del film comincia in una foresta vicino a un villaggio costiero: un giovane pescatore (Wanlop Rungkamjad) si imbatte in un uomo ferito e privo di sensi (Aphisit Hama: per questo fashion stylist e DJ è primo ruolo al cinema) e  decide di prestare immediatamente soccorso, portandolo al sicuro in casa propria. Lo sconosciuto però non proferisce parola, forse è muto oppure troppo scosso dal proprio viaggio per riprendere a parlare. Il pescatore decide quindi di assegnargli il nome di una pop star tailandese, Thongchai. Da lì a poco s’instaura un forte legame tra i due, fino a quando una mattina il pescatore prende il mare e, forse, non farà più ritorno. Thongchai lentamente, e quasi inesorabilmente, si ritroverà a occupare il suo posto, abitando nella sua casa, vivendo del suo lavoro e convivendo con la sua ex moglie (Rasmee Wayrana: è il primo ruolo al cinema di quest’amata cantante tailandese).

Il film – che già a Venezia era stato  salutato  come “suadente e ipnotico, alla maniera dell’andamento dell’animale marino da cui prende il nome” – è uscito da poco in Francia, accolto con entusiasmo dalla critica: per Le Nouvel Observateur è  “una storia profondamente umanistica”, Positif  scrive di “film che affascina con la sua bellezza visiva legata agli elementi naturali”, Les Inrockuptibles spera molto in questo nuovo autore ( “Manta Ray segna la nascita di una nuova speranza per il cinema tailandese” ) e Telerama non da dubbi: “un film affascinante sullo sconosciuto”.

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30 Settembre 2019

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