NAPOLI – Dopo il successo di Song’e Napule e Ammore e malavita non è facile per Antonio e Marco Manetti tornare dietro la macchina da presa. Specie se il progetto è di quelli pieni di aspettative, come la trasposizione cinematografica del fumetto Diabolik – creato dalle sorelle Giussani – che ha cresciuto intere generazioni. La lavorazione è in fase di sceneggiatura avanzata e l’uscita del film prevista per fine 2020, ma già fervono preparativi e idee per location e casting. Una cosa è certa: “Il nostro non sarà affatto solo un film di cappa e spada”, dichiarano fieri i registi nell’incontro organizzato al Comicon, e annuisce altrettanto orgoglioso Mario Gomboli, direttore generale di Astorina, la casa editrice di Diabolik: “Erano vent’anni che attendevo un testo come quello dei Manetti. Vogliono portare sullo schermo Diabolik per quello che è, senza edulcolarlo o trasformarlo in altro”.
Partiamo dal vostro Diabolik, né “cattivo” né benefattore…
Non volevamo dargli alcuna connotazione che non fosse già presente nel fumetto, né renderlo un idolo oppure un insopportabile. Diabolik è un personaggio inventato, anarchico e anche feroce, ma nell’ambito del fumetto può andar “bene” se ammazzi una persona, se invece gli dai un contesto reale interviene tutt’altra lettura, interviene il dolore, non c’entra niente con la nostra storia. Che riguarda soprattutto l’incontro tra Diabolik ed Eva Kant, entrambi protagonisti assoluti del nostro film.
Non solo azione quindi…
No, sarà anche un film romantico. Senza la sua Eva, Diabolik non sarebbe mai stato lo stesso personaggio che tutti amiamo e conosciamo.
Eravate fan del fumetto anche prima?
Assolutamente sì, per questo ora siamo spaventati ed emozionati. È difficile trattare un mito dell’immaginario comune, non vogliamo tradirlo. Diabolik fa paura, non ci dormiamo la notte.
A che punto siete a livello di realizzazione effettiva?
Abbiamo scritto il soggetto dettagliato, siamo in fase di fine stesura di sceneggiatura. Negli anni ci siamo guadagnati il lusso di essere registi produttori di noi stessi, quindi già visualizziamo cast, facciamo storyboard, cerchiamo location, non è solo una fase di sceneggiatura e basta.
Per le location a cosa state pensando?
Clerville è un Paese immaginario, abbiamo pensato per il momento a una sorta di Milano, benché fossimo partiti inizialmente da un’idea più francese, e abbiamo deciso di fare gli interni a Bologna, solo gli esterni a Milano, che non sarà la cartolina del Duomo ma avrà edifici riconoscibili. E poi per Ghenf abbiamo pensato a una città di mare del nord, puntiamo a Trieste. Come ambientazione, abbiamo pensato agli anni ’60.
Come mai il progetto non ha preso la forma di una serie tv come si diceva tempo fa?
Il cinema è una forma d’arte più libera di una serie tv. L’incontro con Mario ha creato i presupposti per fare di Diabolik un grande film, i tempi per farne una serie saranno maturi quando si permetterà a Diabolik di essere quello che è. La sua anima sta nell’essere episodico, come Spider Man per intenderci. Ce ne stiamo accorgendo noi stessi, Diabolik cresce insieme a chi lo scrive.
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