La musica era il grande amore di Suzu. I pomeriggi passati al pianoforte hanno addolcito la sua infanzia, insieme alla madre. Con la sua morte, per un gesto di generosità e altruismo finito in tragedia, la diciassettenne reagisce smettendo di coltivare la sua grande passione. Ora vive in campagna insieme al padre, con cui parla a stento. Sono due persone chiuse nel dolore. Suzu trova una distrazione dalla sua introversa quotidianità in un mondo virtuale, denominato U. Lì, Suzu si trasforma in Belle e ottiene grande fama grazie alla sua splendida voce.
Belle – in sala il 17 marzo con Anime Factory di Koch Media in collaborazione con I Wonder Pictures – è il racconto delle prime cotte adolescenziali, una parabola che invita a credere in sé stessi, fino a cambiare il mondo, partendo da quello intimo e personale. Lo fa a ritmo musicale e con un’animazione molto colorata e originale. È un anime, ispirato alla lontana alla fiaba francese La bella e la bestia, diretto da Mamoru Hosoda per la sua apprezzata factory di animazione, lo Studio Chizu. Reduce da un’accoglienza molto calorosa a Cannes, è stato proposto ad Alice nella città nell’ambito della Festa del Cinema di Roma.
“Non possiamo fuggire nella nostra vita quotidiana dalla tecnologia, da internet”, ha detto Hosoda, nel corso di un’intervista con “Cinecittà News”. “È un mezzo molto potente, ma non dobbiamo considerarlo ostile. È questo un messaggio che mi sento di voler trasmettere con il mio film, soprattutto ai giovani. Ai ragazzi molto timidi la rete potrebbe regalare un’altra realtà in cui esprimere in pieno le proprie qualità, senza che rimangano inespresse”.
Suzu è la ragazza in cui tutti possono identificarsi, Belle è invece quella che tutti sognano di essere. Un contrasto fra il reale e l’ideale.
“Ognuno di noi ha molte differenti sfaccettature, che nel nostro vivere quotidiano, nella socialità, non facciamo vedere. Quando siamo con gli altri mostriamo al massimo un paio dei lati della nostra personalità. È importante capire che la realtà è una sola e le probabilità che non riusciremo a mostrare tutte le nostre sfumature, come siamo fatti in profondità, sono molto alte. Internet e il mondo virtuale danno la possibilità di scardinare l’Io e far emergere altri volti. In questo è cruciale avere bene presente come quello che vediamo negli altri è solo una parte. È centrale per me che questo arrivi agli spettatori”.
Belle è un racconto di formazione, l’elaborazione di un lutto, ma anche una storia che prepara i giovani, e non solo, al conflitto, alle critiche spesso aspre che subiamo in rete.
“L’avvento dei social network, e il suo utilizzo sempre più centrale nelle nostre vite, ha provocato grande entusiasmo per la loro capacità di collegare tante persone attraverso degli apparecchi che fanno parte ormai della nostra quotidianità, come uno smartphone. Però dall’altro lato, a livello mentale, la persone che entrano in comunicazione con gli altri attraverso i social si sentono ancora più sole. È un fenomeno che sta dilagando in tutto il mondo. Quello che auspico è che attraverso la nostra raffigurazione virtuale, diversa da quella reale, possiamo incoraggiare la nostra personalità reale, dandoci maggiore sicurezza e autostima”.
La musica e le canzoni sono molto presenti in Belle. Sono una maniera con cui comunicare?
“Non è un musical, le canzoni non sono al centro della storia, ma sono un mezzo attraverso il quale Suzu, che nel mondo reale è timida e introversa, riesce a liberarsi attraverso il suo alter ego, fino a raggiungere la libertà. Si esprime in maniera totale”.
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