Maison Margiela: un mestiere sognato dall’infanzia

Maison Margiela: un mestiere sognato dall'infanzia


Genk, provincia del Limburgo nella Regione belga delle Fiandre: da qui al mondo, prima quello della moda e adesso anche quello del cinema, che celebra e racconta Martin Margiela nell’opera di Reiner HolzemerMartin Margiela: in his own words, film nella selezione dei lungometraggi dell’edizione digitale in corso del VII Fashion Film Festival Milano

Gli studi all’Accademia di Belle Arti di Anversa e il sogno reale per la maison Gaultier, a cui non ha mai desistito di far domanda, cinque-sei volte, finché non ha ottenuto il suo primo accesso nell’universo della moda, quando poi, nel 1988, ha spiccato il volo nel nome dell’autonomia, disegnando dapprima linee commerciali per produttori italiani allo scopo di auto-finanziarsi, per permettersi infine di lasciare la sua indimenticabile traccia nell’ottobre dell’anno successivo, con la presentazione della propria collezione nel 20° arrondissement di Parigi: una passerella imbastita all’impronta, passeggiata da modelle con indosso abiti di plastica, pantaloni da uomo e giacche con maniche strappate, top in cartapesta, imprimendo così un marchio di fabbrica anche a questo aspetto della sua creatività. 

“Ero nervoso di incontrare qualcuno che nessuno aveva mai incontrato”, racconta Reiner Holzemer. “All’incontro c’erano tre persone, tra cui lui. La conversazione è stata molto informale e ho avuto l’impressione di non trovarmi di fronte a una persona arrogante. Gli ho detto subito che avrei voluto fare un documentario su di lui, mentre Margiela parlava per lo più della necessità che qualcuno filmasse la mostra che stava preparando. Gli  ho chiesto perché avesse deciso di incontrarmi, e disse che era l’occasione di una vita avere tutta la collezione a Parigi e avere tutta la collezione a disposizione è stata la principale motivazione. Il primo incontro è stato una grande sorpresa, da lì lui mi ha detto di voler cominciare la settimana seguente per sfruttare la possibilità di filmare la collezione prima della mostra. Col tempo, ha apprezzato il mio essere discreto e sensibile. Ci siamo sempre incontrati a tu per tu, mai usando una grande troupe in stile cinema, e questo ha fatto sì che lui si sia aperto”.

Martin Margiela: in his own words porta nel titolo l’essenza autobiografica del racconto documentario, che fa confluire intimità e moda: “Parlando di quale anno scegliere per cominciare a raccontare la sua storia, Martin ha suggerito il termine dell’Accademia, che traccia l’inizio della sua carriera professionale. Un giorno, a pranzo, gli ho chiesto quando avesse deciso di diventare stilista, e la risposta è stata semplice: quando aveva 7 anni ha visto in tv un servizio su un fashion designer, colpito dalle immagini ha chiesto alla madre quale fosse la professione, e quando lei ha risposto ‘stilista a Parigi’ lui ha deciso che da grande avrebbe voluto fare lo stesso. Ho pensato di raccontare l’aneddoto ma Martin mi ha detto di no, troppo personale, però, quattro settimane dopo, mi ha comunicato che accettava di parlare della sua infanzia, perché parlando con sua madre ha scoperto che lei aveva tenuto tutti i suoi disegni di bambino, i modellini, e addirittura mi ha proposto di fare due film da 80 minuti: l’infanzia e la vita professionale”. 

“Quello che non si vede nel documentario è il rapporto speciale che si è creato tra Martin e me. Abbiamo tenuto le camera sempre in funzione, soprattutto per il suono, perchè non potevamo sapere quando potesse rivelare qualcosa di rilevante; abbiamo usato questa tecnica anche per farlo sentire più a proprio agio, e in questo modo, registrando tutto il giorno, ci dimenticavamo del tutto che stessimo filmando. Sono state girate 200 ore di film e durante un Q&A a New York ho rivelato questo particolare e il pubblico ha urlato di diffondere tutto il materiale”, continua il regista, raccontando il film ma anche l’atmosfera e il backstage della realizzazione dell’opera. 

“Un particolare divertente arriva da una conversazione che ho avuto con uno studente della S.Martin di Londra, mi ha raccontato che nella biblioteca è difficile trovare un libro su Martin perché gli studenti hanno strappato via le pagine per alimentare la loro ispirazione”, aggiunge ancora Holzemer, restituendo così il valore artistico e iconico di Margiela nella contemporaneità, a onor del fatto, come dice Jean Paul Gaultier di lui, che: “ha lasciato il mondo della moda perché è stata la libertà creativa a venirgli meno”. 

17 Gennaio 2021

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