Mainetti e i primi 8 minuti di ‘Freaks Out’ in anteprima mondiale

Mainetti e i primi 8 minuti di ‘Freaks Out’ in anteprima mondiale


Gabriele Mainetti è tornato sul palco della Festa di Roma 5 anni dopo l’anteprima assoluta di Lo chiamavano Jeeg Robot (2015) e ha scelto la stessa circostanza per presentare in anteprima mondiale una sequenza di 8’ del suo Freaks Out, film in uscita in sala il prossimo 16 dicembre.

Il circo Mezzapiotta, il direttore (Giorgio) Tirabassi con la sua costellazione di onirici saltimbanchi dalle magie incantevoli, dentro: il lacerare soffocante e annientante della guerra, fuori. L’occhio della macchina da presa s’annuncia maturo e sapiente, i poli emotivi non tardano a rimpallarsi l’equilibrio ed essere probabilmente propulsori di intense emozioni. Così si conclude l’Incontro Ravvicinato di oggi, 22 ottobre, che s’è invece aperto con l’arrivo di Mainetti sul palco “accolto da Steven Spielberg” – il suo regista preferito – e da una sequenza da Incontri ravvicinati del terzo tipo.

Gabriele Mainetti si racconta al pubblico in sala in tre sequenze del cinema mondiale.

L’armata Brancaleone (1966) di Mario Monicelli, “Un film che, insieme a I soliti ignoti, ho visto non so quante volte con mio padre ed è stato fondamentale per la genesi di Freaks Out: Brancaleone non perde mai la voglia di inseguire il mito del cavaliere; Monicelli ama giocare con il cinema, e Brancaleone è una delle sue meraviglie. C’è una ricerca meravigliosa di costume, si va quasi vicino alla Commedia dell’Arte, e chi veste è il distinto, austero, Vittorio Gassman, che così crea una maschera piena. Monicelli lo identifichiamo come il Re della Commedia all’italiana: lui approcciava con una leggerezza ricca, uno sguardo colto”. 

Mentre Leone “portava con sé uno sguardo romano, l’ironia della romanità, con la capacità di saper lavorare su più livelli” per cui Mainetti commenta una sequenza di Per un pugno di dollari (1964). “Sergio Leone aveva la capacità di portare la romanità nel western internazionale. Ed era come se fosse difficile accorgersi della sua visione politica: raccontava la storia degli ultimi, piuttosto che dei grandi: in un Paese in cui andavano avanti gli eroi lui ha destrutturato il Western. Leone ha fatto ogni volta successiva qualcosa di più complesso: è rimasto colpito da un successo mondiale, cresciuto in un’Italia in forte connessione con il cinema hollywoodiano, lo guardava portando la sua identità, rilanciando e rilanciando, fino al capolavoro; era cosa difficile riuscire a fare sempre ‘il più bello’, ma C’era una volta in America è il capolavoro sommo. Amo Leone perché mi sento a casa”. 

Ma, continua il regista di Freaks Out: “Il mio sogno era fare un cinema vicino a quello di Spielberg, ma consapevole che – soprattutto se lo faccio nel mio spazio regionale – devo renderlo credibile: Leone con C’era una volta in America sembrava avesse spento un certo tipo di ‘fuoco’, ripensarlo in chiave contemporanea non era facile e quindi come potevo farlo, se non con i personaggi? Così Jeeg Robot fa sospendere l’incredulità. Il grande potenziale italiano è saper navigare tra le emozioni, non essere solo drammatico, o solo comico. Monicelli è uno sguardo diverso da Leone: quando ho rivisto Brancaleone sono rimasto affascinato dalla verità e dalla capacità della messa in scena. Leone è chiaramente un talentuoso della mdp e te lo fa sentire: Tarantino non ci sarebbe senza di lui. Come Morricone è il più grande compositore, insieme a Bernard Herrmann, per la musica da film: quando senti Morricone, nella sua semplicità riesce a ‘darti’ qualcosa, e forse questo l’ha sviluppato con Leone, che era molto attento al suono, per cui la musica non era di sostegno, ma protagonista, un protagonismo, quindi, che gli ha dato Leone. Solo Robert Bresson mi ricorda l’approccio di Leone: pura immagine con i suoni usati solo per raccontare una storia”. 

E l’Incontro chiosa con E.T. (1982) di Steven Spielberg, sequenza dell’abbraccio tra l’alieno e il bambino Elliott, quando l’extra terrestre gli dice: “ti sarò sempre vicino”, per poi partire… “Io rimasi scioccato dalla bellezza di questo film, un po’ come per il personaggio nel fondo dei grandi ricordi di Inside Out. Credo che – a parte la grandezza del cinema, la musica di Williams – ci sia ‘un gioco’ in Spielberg, come anche per Leone e Monicelli, ed quello di toccare l’alieno più profondo di noi, il bambino. Il suo ragionare con la mdp è una danza unica al mondo: E.T. emotivamente è tridimensionale, come poteva esserlo Shakespeare. Spielberg ha questo sguardo vicino al nostro italiano: prende gente normale, fragile, e la porta in un viaggio assurdo. E ne fa davvero una questione personale dei suoi racconti, per questo comunica tanta emotività: Elliott è lui, e così da lì in poi inizia a fare un altro viaggio… Schindler’s ListIl colore viola, un film assurdo per il tono: quello che restituisce al pubblico – con la mdp, la fotografia, la direzione degli attori – è formalmente unico, senza trascurare il contento”. 

Gabriele Mainetti procede l’Incontro rinnovando di citare il papà – in sala – e le nonne, Ninni e Liliana, con cui lascia intendere aver guardato molto cinema, fino alla sequenza del suo Lo chiamavano Jeeg Robot (2015), “Una storia che arriva da un percorso lungo di tanta, tanta sfiga: con Nicola Guaglianone andavamo ad incontrare Leo Benvenuti in uno scantinato vicino a Piazza del Popolo, io ero un po’ americanozzo, Nicola più da commedia, poi ci siamo un po’ influenzati e man mano ci siamo detti… ma facciamolo che abbia dei super poteri! Sognamo cercando di restituire ironia, tridimensionalità delle maschere tragiche: così abbiamo potuto essere leggeri ma anche emozionare, laddove possibile”. 

Dopo la sequenza di Freaks Out in assoluta anteprima, che – ad un primo e forse troppo banale istinto ha echi felliniani, perché potrebbe annunciarsi come un film a tinte ben più sofisticate – la chiacchierata con Gabriele Mainetti si è conclusa con una citazione ammirata del direttore, Antonio Monda, che per omaggiare il suo ospite ha citato Totò, quando ha reincontrato Fellini, ormai diventato un maestro, e così saluta Mainetti affermando: “siete diventato un reggistone”

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22 Ottobre 2020

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