CANNES – E’ quasi un western di sapore letterario Michael Kohlhaas, il film di Arnaud des Pallièrs ispirato al celebre romanzo di Heinrich Von Kleist. Si tratta della seconda versione del testo, già portato al cinema nel 1969 da Volker Schloendorff (anche quel film, che si nutriva chiaramente dello spirito del ’68, passò in concorso a Cannes) e in questo caso la vicenda viene trasferita dalla Germania in Francia, nella regione delle Cévennes. Il libro, scritto nel 1811, si basa su fatti reali avvenuti nella prima metà del XVI secolo: un ricco mercante subisce un sopruso da un barone che gli confisca arbitrariamente due cavalli come pagamento di un presunto pedaggio. Dopo essersi rivolto invano alla giustizia, il mercante raduna un gruppo di ribelli e scatena una guerra privata per ristabilire il suo diritto. Ma senza spingersi oltre. Anzi, rinunciando a sfruttare la forza militare di cui dispone e arrivando ad accettare di deporre le armi.
Il principale (forse unico) motivo di interesse del film sta nel fatto che nel ruolo di Michael Kohlhaas c’è un attore di indiscusso fascino e bravura come il danese Mads Mikkelsen, che l’anno scorso vinse qui a Cannes il premio per l’interpretazione maschile con Il sospetto. E dunque il film insiste in modo particolare del descrivere i suoi rapporti con la moglie Judith (Delphine Chuillot) e la figlia Lisbeth (Melusine Mayance). Anzi, più che la fanatica ricerca di giustizia, che prelude alle trasformazioni del diritto in età rinascimentale, sembra essere la perdita della compagna, ferita mortalmente nel tentativo di portare un’istanza del marito alla corte della principessa, a muovere l’uomo alla sanguinosa ribellione. Nel cast troviamo anche Denis Lavant (Holy Motors) nel ruolo di Martin Lutero, inviato a trattare con Kohlhaas l’armistizio e impegnato con lui in un dialogo teologico-morale.
Spiega il regista: “Quello che veramente mi ha impressionato di questa storia è il fatto che Kohlhaas è ormai vicino ad avere il paese in pugno, ma ci rinuncia, accettando di ritornare ad essere un uomo qualsiasi solo perché ha ottenuto quello che voleva dall’inizio: il diritto di essere giudicato da un tribunale. Questo rigore non smette mai di sorprendermi. Che un uomo guadagni per il suo coraggio e la sua determinazione la possibilità di prendere il potere ma ci rinunci per dirittura morale, è ai miei occhi una delle più belle storie politiche che si possano raccontare”. Per Mikkelsen: “Kohlhaas è un personaggio unico. Non è come voi e me. Egli domanda la cosa più semplice al mondo, la giustizia, l’eguaglianza dei diritti. Kohlhaas è un uomo i cui ideali sono più grandi di lui. Molto più grandi della sua stessa vita”.
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