“Rosa io voglio star coi vivi e non coi morti, come te fa’ ti”.
Con questa frase, pronunciata con marcata inflessione del Nord-Est, Igor (Boris Cavazza), marito di Rosa (Lunetta Savino), la protagonista assoluta del film, restituisce il nucleo dello stato d’animo embrionale della storia e della donna, cuore da cui poi fiorisce la storia, opera prima di Katja Colja, documentarista, sceneggiatrice slovena nata a Trieste, che arriva dietro la macchina da presa “perché mi piace manipolare gli attori, trasformarli, nel nome di quell’umanità imparata da maestri come Scola e Taviani, che ho avuto modo di conoscere, e di cui non esiste più quell’aspetto da vecchi e grandi cinematografari’”, dice l’autrice.
“Lunetta è il film” afferma Colja, che ha scritto questa storia femminile con altre quattro mani anch’esse femminili, infatti la sceneggiatura porta inoltre le firme di Tania Pedroni e Elisa Amoruso. “L’idea nasce grazie a mia madre, che inizia a rivivere dopo il grande lutto per mio padre e a 65 anni si reinnamora e si comporta come una di 15/20. Rosa non è questo, ma c’è un po’ anche di questo. La morte tocca tutti e la scelta della morte della figlia (Maya) di Rosa è forte: sono stata ad un gruppo di sostegno e proprio lì una madre mi ha fatto notare come non esista una parola per definire questo stato. Mentre scrivevo non pensavo alla protagonista: ho fatto un casting e visto tante attrici e Lunetta mi ha sorpreso per la sua delicatezza, ho visto in lei la poesia e mi ha restituito le emozioni che io volevo raccontare” racconta la regista di questa storia in cui Rosa è moglie e madre di due figlie ormai adulte, una mancata in mare, e di cui lei scopre un mondo inaspettato aprendo banalmente un cassetto, “scrigno” in cui incontra un oggetto, un vibratore rosa shocking, che dà il là al complesso universo del film, in cui il tema del lutto s’intreccia con quello della sessualità e della femminilità, anche in età più matura.
Per Lunetta Savino essere Rosa: “È stato un lungo parto, molto bello: tante incertezze, tanto non sapere se saremmo riuscite a farlo questo film. C’è voluta la perseveranza di tutti, anche di Minimum Fax Media, perché un progetto non scontato, di quelli che non si fanno in Italia, così ho raccolto subito la sfida, durata due anni, e mi sono abbandonata e data, fidata di Katja, per essere al servizio di questa storia fatta per immagini e per emozioni. Uno dei motivi per cui ho accettato il film è stato il suo saper mettere accanto due tabù: morte e piacere. Difficile la scommessa ma probabilmente anche il mio percorso femminista mi ha fatta incuriosire, credo che raccontare questo in un film sia rivoluzionario. Il personaggio della parrucchiera Lena (Simonetta Solder) in questo è fondamentale, perché si scopre essere stata anche amica della figlia mancata: è come se la stessa Maya avesse lasciato un tramite, ed è proprio come se lei aiutasse la madre a ri-vivere. Io sono una temeraria, ma temevo la scena dell’autoerotismo, eppure se non esplori fino in fondo le occasioni speciali di questo mestiere non mostri davvero te stessa”.
Tema, questo del dialogo sulla sessualità femminile e sul risveglio della stessa in età più adulta – che non ricorre molto al cinema – che la regista spiega come “travolgente” durante tutte le prime proiezioni pubbliche del film: “Sia a Bari che a Shanghai le donne mi hanno sommersa con le domande sull’autoerotismo, come se fosse qualcosa di un po’ congelato socialmente, mentre invece è una forma di consapevolezza. C’è ancora una visione del piacere femminile molto chiusa, come fosse quasi vergognosa. Questo era un confine che io volevo superare. Quel mondo l’ho conosciuto grazie a mia madre: mio fratello ha trovato un oggetto in casa che l’ha sconvolto, io dapprima ho sorriso e poi mi sono incuriosita di mia mamma, a cui non avevo mai pensato solo come donna, bensì solamente come mamma. Proprio gli oggetti mi hanno aiutata a scoprire in maniera delicata il corpo femminile, ma oggetti non percepiti in maniera pornografica: l’oggetto fa scoprire la femminilità ad ogni età, la vita è una continua esplorazione e la curiosità della terza età è interessante”.
Rosa, è un film di confini, geografici – lei pugliese, lui sloveno; di vita e morte; di mortificazione e rivitalizzazione, contrasti che l’autrice sottolinea anche nei colori e nella bella luce di Michele Paradisi (dop), così come nelle suggestive musiche di David Logan. Passato in Competizione al Bif&st di Bari e, lo scorso giugno, allo Shanghai International Film Festival, il film prodotto da Minumum Fax Media con Rai Cinema, Casablanca di Igor Pedicek e il supporto di MiBAC, FVG Film Commission e il contributo di Euroimages, arriva nelle nostre sale dal 18 settembre.
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