Lo scrittore Carlo Lucarelli è sul set del suo primo film da regista allestito a Ponte Galeria vicino Roma per la trasposizione del suo romanzo “L’isola dell’angelo caduto” (Einaudi, 1999), le cui riprese dovrebbero terminare entro agosto. Per affrontare questo impegno ha abbandonato il romanzo cui stava lavorando e cui, subito dopo, tornerà, un thriller ambientato nella sua Bologna ai nostri giorni. “Come lo scrittore, il regista è quello che si prende le responsabilità ultime, che fa le scelte definitive e decide come debba essere una cosa – racconta all’Ansa – ma non lo fa da solo davanti a un computer, ma all’interno di un gruppo di persone che gli fanno le proprie proposte, che gli presentano le varie opzioni possibili. Un film è un lavoro collettivo e gli altri sono tutti professionisti, per questo non dovrei riuscire a fare troppi danni”.
Il film, che Lucarelli stesso ha sceneggiato con Giampiero Rigosi e l’aiuto di Michele Cogo, si svolge nei primi anni del fascismo e il protagonista è un commissario (interpretato da Giampiero Morelli), alle prese con una moglie depressa che vuole solo lasciare l’inospitale isola per confinati politici e non, in cui il marito è stato relegato per punizione. Il commissario si trova davanti a tre morti sospette: un informatore della polizia, un miliziano donnaiolo e l’ispettore postale. Per il capomanipolo della milizia e il federale si tratta subito di suicidi, ma Valenza, un medico confinato, darà una mano perché sia fatta giustizia.
Il romanzo è visionario, surreale, grottesco, e sulla trama gialla si inseriscono varie stranezze, dai venti battenti a inquietanti tramonti, per cui “la prima necessità è stata quella di dare alla storia e ai personaggi uno spessore, una sostanza filmica. Nel libro può bastare scrivere che una certa persona è inquietante, qui devo pensare quale faccia debba avere, quale taglio di capelli, come debba muoversi per apparire tale e fare qualcosa di inquietante. Così, oltre all’attore, dal truccatore alla parrucchiera, dal costumista all’operatore, che sceglierà la luce giusta, tutti sono essenziali per raggiungere quel risultato”.
Il film è prodotto da Kaos Cinematografica e interpretato, oltre che da Morelli, da Gaetano Bruno, Rolando Ravello, Giuseppe Cederna, Lorenzo Perpignani, Sara Sartini, Adolfo Margiotta, Veronica Gentili, Irma Carolina di Monte, Daniele Monterosi, Stefano Gragnani, Francesco Rossini e Laura Glavan. Naturalmente, leggendo il romanzo si capiva che Lucarelli parlava degli anni del delitto Matteotti e del fascismo, di un paese a un bivio, per raccontarci anche della necessità di fare delle scelte nell’Italia di oggi: “Nel film è lo stesso, perché le nostre radici sono ancora lì e ci raccontano come siamo adesso. Raccontiamo sempre il presente, ma può riuscire meglio spostandolo da un’altra parte. E poi c’è la necessità di raccontare la nostra storia: più lo facciamo e meglio è, perché i meccanismi di quel che accade sono sempre gli stessi e bisogna capirli per evitarli. Se la storia sino a oggi non è stata maestra e si è ripetuta più volte è proprio perché non si era capito il ruolo essenziale della memoria”, conclude Lucarelli.
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