BERLINO. Sola, arrabbiata e avida di risposte, una quindicenne tedesca parte per l’Italia, senza neanche i soldi per il biglietto del treno, diretta verso la riviera romagnola. Leo vuole conoscere suo padre, Paolo, un uomo che tanti anni prima è scappato da una paternità per cui non si sentiva adatto e non è mai tornato indietro. Lui vive in un capanno sulla spiaggia e si muove in camper, fa il surfista e ha una nuova famiglia, con una bambina piccola di cui cerca di occuparsi nel modo giusto con molti timori. La visita di questa figlia sbucata dal nulla la vive come un evento destabilizzante e assurdo, che intacca il suo precario equilibrio di eterno immaturo. Mentre per l’adolescente è la ricerca affannosa di risposte alle domande irrisolte, su tutte una: come avresti voluto chiamarmi? Per la giovane e intraprendente Leo quei pochi giorni in Italia sono una scoperta di altre dimensioni esistenziali, soprattutto grazie all’amicizia con un coetaneo maltrattato dal padre perché gay. E l’incontro con la sorellina genera in lei al tempo stesso tenerezza e invidia, un misto di sentimenti contraddittori.
E’ un bel coming of age Paternal Leave diretto da Alissa Jung, con Luca Marinelli e la debuttante Juli Grabenhenrich, presentato alla Berlinale 75 nella sezione Generation e distribuito da Vision Distribution. Alissa, moglie di Marinelli, ha dato all’attore di M Il figlio del secolo un ruolo fatto di silenzi e sfumature sottili, scatti improvvisi e pensieri, fughe precipitose e dubbi.
“La mia ricerca – spiega la regista Alissa Jung, alla sua opera prima – vuole esplorare il rapporto tra genitori e figli più profondamente per capire anche chi non accetta l’essere genitore. Ho parlato con molti figli abbandonati, più difficile è stato trovare testimonianze di padri e madri. Ho scoperto che i figli abbandonati si sentono in colpa, pensano di avere qualcosa di sbagliato”.
Per Luca Marinelli si è trattato di affrontare un personaggio fragile, in linea anche con altri ruoli del passato (per esempio Il padre d’Italia di Fabio Mollo). “Siamo fortemente vittime del sistema patriarcale che ci rende sofferenti e non fa bene a nessuno – dice l’attore di Lo chiamavano Jeeg Robot e Martin Eden – Essere un padre e una madre significa stare in ascolto. Essere un buon padre e una buona madre, invece, non sappiamo cosa sia. Questo film racconta l’incontro tra due persone che sono nelle stesso momento della vita, solo che Leo ha 15 anni e ne ha tutto il diritto, mentre lui è in ritardo rispetto alle tappe. L’incontro con la figlia è per lui un regalo inaspettato perché gli viene messo davanti uno specchio. Questa giovane donna dallo spirito rivoluzionario può rappresentare un’occasione”.
Nel film ci sono molti silenzi e un intreccio di lingue, il tedesco e l’italiano, poi l’inglese che hanno in comune. “Il copione era scritto in inglese – racconta Marinelli – ma ognuno di noi l’ha tradotto nella propria lingua e poi abbiamo improvvisato”. Aggiunge Alissa: “Nelle prove loro due recitavano nelle rispettive lingue, ma con il corpo e gli occhi si capivano, anche se solo in parte. Certo, Luca conosce il tedesco, mentre Juli non conosce l’italiano”.
Per Marinelli, che ha trovato casa a Berlino, recitare in tedesco non è un problema: “L’ho fatto nel 2014 e lo rifarei volentieri. Ho la fortuna di partecipare a cose meravigliose, progetti internazionali come Le otto montagne o M Il figlio del secolo“. E non esclude di continuare la seconda stagione della serie diretta da Joe Wright. “Se ci sarà la possibilità di continuare io ci sarò. Ringrazio le persone che hanno visto M e che si sono sentite chiamate in causa, è importante per lasciarci dietro le spalle le cose orrende che ci portiamo appresso dal passato”.
La scelta della riviera romagnola fuori stagione la spiega Alissa: “Ero lì con mia figlia a fine ottobre, era tutto chiuso, sbarrato, e ho pensato che rispecchiasse il personaggio del padre che si chiude e vuole stare da solo, mentre la mareggiata che mangia le dune rispecchia l’arrivo inaspettato e dirompente di Leo”.
Com’è stato lavorare in coppia? “Ci siamo comportati secondo i nostri ruoli, un attore e una regista – dice Marinelli – Non c’è una persona al mondo in cui ho altrettanta fiducia e con cui condivido così tanto, compresi i gusti. Sapevo che con Alissa avremmo raggiunto delle belle altezze e sapevo che era impossibile nascondermi di fronte a lei. Ha fatto un lavoro importante con tutto il gruppo”.
Alissa è anche attrice, le piacerebbe lavorare in Italia? “Ho conosciuto il cinema italiano grazie a Luca, sia quello degli anni ’60 che le cose contemporanee, come Alice Rohrwacher. In Italia c’è una vita cinematografica interessante. Fare l’attrice è una bella cosa, ma oggi sono concentrata sulla regia e sulla scrittura”.
Nei titoli di coda la canzone Solo per gioco di Giorgio Poi cantata da Luca Marinelli: “Ho pensato che potesse essere la canzone giusta per il personaggio di Paolo, specie quando dice ‘tu che mi capisci bene, rimani un po’. Poi Alissa non voleva una colonna sonora onnipresente ma solo alcuni pezzi”.
Paternal Leave è una coproduzione italo-tedesca, prodotto da Match Factory e Wildside, società del gruppo Fremantle, con Rai Cinema e Sky e con il sostegno della Film Commission Emilia Romagna.
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