Sono i ventenni del 2003 il mundo civilizado di Luca Guadagnino. La “meglio gioventù” come resistenza alla barbarie contemporanea è diventata un film libero da schemi di fiction che Locarno ha voluto nella prestigiosa sezione “Cineasti del Presente”, “accanto a Straub & Huillet”, come commenta con entusiasmo il filmmaker siciliano già autore di The Protagonists e l’altr’anno a Venezia con The Love Factory.
Perché Catania per questo ritratto musicale da ascoltare a tutto volume?
La Paso Doble, che produce con Tele+, aveva pensato a Rimini e alla sue discoteche, già scenario di tanti film, tra cui Da zero a dieci di Ligabue. Io opponevo resistenza, non mi interessano i rave e sono terrorizzato dallo sguardo sui giovani di molto cinema italiano. Poi ho pensato a Catania, che è la mia città e una città di frontiera, dove tante anime musicali esplodono.
Da Carmen Consoli a Arto Lindsay….
Sì, e i REM, che sono passati nei tanti locali, dallo Zo ai Mercati generali al Taxi Driver. Ma anche tanti straordinari musicisti locali, tra cui Massimo Sapienza, autore di gran parte delle sonorità del film.
Chi sono i quattro protagonisti e dove li hai trovati?
Sono: Edo, un disoccupato che all’epoca viveva con la nonna; Francesca, una ventiduenne che studia a Brera; Morgana, 24 anni, argentina, che vuole fare l’attrice; Antonio di Asti, 21 anni, studente svogliato, scritturato poi da Lucio Pellegrini per Ora o mai più dopo averlo visto in moviola da me. Li ha trovati la casting intervistando 150 ragazzi davanti alle discotesche e poi li abbiamo portati a Catania nell’ostello della gioventù. Li abbiamo scelti per la loro dolcezza e il loro non volersi definire.
E’ quasi un anti-Grande Fratello.
Non c’entra nulla, anche se l’associazione è legittima. Qui non c’è un’idea, neppure falsa, di generazione, ma una sola regola “fate quello che vi pare”.
Nel film ci sono alcune partecipazioni illustri, da Libero De Rienzo a Valentina Cervi.
Libero è l’anima amorosa del film, sta con i ragazzi e li riprende con la videocamera accompagnandoli nella notte. Valentina duetta con Arto Lindsay. Altri complici importanti sono Fabio Olmi, che ha creato una bellissima fotografia in situazioni di luce estreme, e Walter Fasano, al montaggio con il duro compito di trasformare 60 ore di girato.
Stai scrivendo un secondo lungometraggio?
Sì, con Ivan Cotroneo, si intitola Io sono l’amore e sarà un melodramma sulla lotta di classe in cui una donna sposata e non più giovanissima si innamora di un amico del figlio, cuoco geniale. Insieme cercheranno di spezzare le regole sociali e culturali. Come diceva Godard, “l’ultima arma della lotta di classe è l’amore”.
Come spieghi la difficoltà a produrre la tua opera seconda?
Con una riflessione purtroppo pessimista sul cinema italiano, e non lo dico per frustrazione personale. Quello che i media spacciano come “primavera” sono poche opere: Muccino, Ozpetek o magari Aldo Giovanni e Giacomo. Io vorrei che a incassare fossero Emma sono io o Fortezza Bastiani. E vorrei che il nostro sistema distributivo si rendesse conto dei cambiamenti epocali dell’audiovisivo, dal digitale al DVD alla sparizione dello star system.
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