Parte sulle note del mitico brano di David Bowie, Space Oddity, Valerian e la città dei mille pianeti, il nuovo film di Luc Besson, basato sulla graphic novel di successo mondiale “Valérian e Laureline”. La più grande produzione indipendente europea (budget da 180 milioni di euro) per questo film che sarà in sala con 01 dal 21 settembre in circa 500 copie. ”Ho dedicato il film a mio padre perché è lui che mi ha dato il fumetto a dieci anni e ho ora il rimpianto che non lo ha potuto vedere perché è morto durante la lavorazione durata quattro anni. Ma lassù – ha detto il regista – ci saranno sale per vedere film senza gli occhialetti 3D. Lo vedrà, spero insieme a David Bowie. E visto che siamo a Roma chiederò al Vaticano se ci mette una buona parola”.
Siamo nel XXVIII secolo, Valérian (Dane DeHaan) e Laureline (Cara Delevingne) sono inviati speciali per il Governo dei Territori Umani con il compito di mantenere l’ordine nell’Universo. Sotto la direzione del loro comandante (Clive Owen), si imbarcano in un’ardua missione verso la città intergalattica di Alpha, metropoli in velocissima espansione dove migliaia di specie diverse, provenienti da tutto l’universo, sono approdate per condividere sapere, intelligenza e cultura. Ma c’è un mistero al centro di Alpha e una forza oscura minaccia la pace della Città dei Mille Pianeti e, dietro tutto questo, c’è un popolo sterminato, i bellissimo Pearl.
”Certo che leggo ancora i fumetti – ha detto Besson -. Spesso i giornalisti dicono che sono infantile, ma in realtà sono adulto, ho cinque bambini che mi aspettano a casa e ho diretto circa 2.000 persone per quattro anni per fare questo film. Ma il Luc bambino, devo dire, mi aiuta molto e poi c’è chi ha detto che il bambino è il vero padre dell’uomo”.
Per il regista francese, il futuro è delle donne: ”L’uomo reagisce agli ostacoli con i muscoli, la violenza, la donna invece con il cuore e il cervello. Andrebbe trasferito il potere alla donne, non ho mai visto nessuna di loro dichiarare guerra”. Sul riferimento alla scomparsa del popolo dei Pearl, spiega il regista ”è chiaro – dice – che si fa riferimento ai popoli massacrati in nome della religione e altri motivi come i nativi americani, gli ebrei e tanti altri”, mentre sulle molte volontarie e involontarie citazioni di film di fantascienza ”durante tutta la lavorazione e anche prima non ho più guardato film. E questo per avere la testa libera, per proteggere la mia creatività”.
C’è un limite all’immaginazione da parte della tecnica? ”Nessun limite se non la propria immaginazione. Non amo però i supereroi americani – aggiunge – i film di fantascienza che raccontano sempre la stessa storia, tutti con gli stessi fornitori di calzamaglia. Dopo 25 minuti esco dalla sala”.
L’utilizzo di una star come Rihanna, cantante, attrice e modella, per il ruolo di Bubble: “Era un personaggio che esiste nel fumetto originale del 1975. Volevo una donna che raccontasse quella che, secondo me, è la sindrome dell’attore, ovvero il soffrire di mancanza d’identità. Ho pensato subito a lei. Che bello poi farle recitare una frase di Shakespeare in un film di fantascienza!”.
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