Lourdes è un comune degli Alti Pirenei in Occitania, dove la giovane contadina Bernadette Soubirous ebbe nel 1858 le note apparizioni della Vergine. Dopo la prima (11 febbraio), affermò: “Io scorsi una Signora vestita di bianco. Indossava un abito bianco, un velo bianco, una cintura blu ed una rosa gialla sui piedi”.
Oggi, quello di Lourdes è il terzo santuario cristiano al mondo per numero di pellegrini all’anno, dopo la basilica di San Pietro in Vaticano e la basilica di Nostra Signora di Guadalupe, in Messico. Sempre per quanto riguarda i numeri, dopo il 1858 i medici hanno constatato 7000 guarigioni inspiegabili e la Chiesa ha riconosciuto 70 miracoli.
Vedendo Lourdes dei documentaristi Thierry Demaizière e Alban Teurlai (coppia di registi che ha firmato documentari su Benjamin Millepied, ballerino principale del New York City Ballet e coreografo di fama internazionale – Relève, 2016 – Karl Lagerfeld – Un roi seul, 2008 -, e più recentemente Rocco Siffredi – Rocco, 2016), in sala dal 24 al 26 febbraio con 102 Distribution) viene in mente che nel corso dell’ultimo decennio c’è stato lo sguardo di almeno due film dall’omonimo titolo su questa città mariana, firmati da autori che hanno in comune la “distanza” dalla fede.
Tra ateismo e agnosticismo, nel 2009, con un film di finzione, Jessica Hausner ha dato una visione caustica su pellegrini, sacerdoti, barellieri e altri volontari tesa a sottolineare anche la contraddizione commerciale del luogo di devozione, oggi Thierry Demaizière e Alban Teurlai sembrano avere una sincera curiosità di fissare nelle immagini e nelle parole il “segreto” di Lourdes e il loro documentario attesta che si può indagare la “verità” che abita la grotta di Lourdes anche se non si ha il dono della fede e che questo orizzonte narrativo supera anche quello della veridicità delle apparizioni.
In Lourdes, Demaizière e Teurlai si interrogano sul legame con la sofferenza fisica e interiore e il limite della morte. Lourdes è anche un vero e proprio pugno nello stomaco, perché dentro questo film c’è tutto il dolore del mondo. Attraverso lo sguardo laico dei due registi si entra come in una raffigurazione del dolore, dove a prevalere è l’umanità, quella di chi soffre e spera, e anche di chi assiste. In una delle scene più toccanti c’è una volontaria che guida gli addetti all’assistenza dei malati con grande garbo indicando loro quanta delicatezza dovranno avere nel lavare, pulire ed assistere dei malati non abituati ad essere toccati da altre mani, né ad essere visti nudi se non dai loro cari.
Documentario corale, Lourdes segue il corso di un elenco eterogeneo di pellegrini: zingari, travestiti, uomini e donne gravemente disabili, altri condannati. La stragrande maggioranza dei visitatori arriva col desiderio segreto di una guarigione miracolosa. O, più umilmente, trovano una forma di appagamento: la semplice presenza in questi luoghi sembra consolare i pellegrini. I disabili più gravi sono accolti da un team di volontari attenti ed esperti. Per i meno credenti degli spettatori, il miracolo è lì, nell’attenzione prestata a questi corpi, nelle amicizie che si formano lì, nelle lacrime dei giovani badanti nel vedere partire i pellegrini. E’ quello che vedono a Lourdes i due registi: “Quel luogo dove si possono mettere da parte le proprie convinzioni private per individuare un ‘qualcosa’ di straordinario. È questo ‘qualcosa’ che ci incuriosiva, avevamo l’intuizione che Lourdes dovesse essere un crogiolo di umanità dove accadeva ‘qualcosa’ di eccezionale sulla condizione umana, ‘qualcosa’ che superasse persino la fede e che ci portava ad interrogarci sul nostro rapporto con la sofferenza e la morte”.
E aggiungono: “Volevamo cercare valori universali che vadano oltre il cattolicesimo stesso, come la solidarietà, l’empatia. La nostra ambizione è che questo film può essere visto da spettatori non cattolici, che scoprono Lourdes in questa occasione. Non avere fede non impedisce l’ammirazione verso chi ce l’ha e non è obbligatorio essere credenti per filmare la preghiera”.
Può venir voglia alla fine del documentario di rileggere il passo evangelico di Matteo (8,14-17) per congedarsi lentamente dalle emozioni vissute: Entrato Gesù nella casa di Pietro, vide la suocera di lui che giaceva a letto con la febbre. Le toccò la mano e la febbre scomparve; poi essa si alzò e si mise a servirlo. Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la sua parola e guarì tutti i malati, perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie.
Anteprima romana di Lourdes martedì 11 febbraio alle ore 20 all’Institut Français Centre Saint Louis in Largo Toniolo 22. Alla serata sarà presente la giornalista e sceneggiatrice Sixtine Léon-Dufour che incontrerà il pubblico presente in sala al termine della proiezione
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