Lorenza Mazzetti


È una donna piccola e minuta, Lorenza Mazzetti. Capelli rossi e corti, un lampo d’intelligenza negli occhi. Scrittrice e regista cinematografica, è di origine fiorentina. È lei che nel 1955, a Londra, con Tony Richardson, Lindsay Anderson e Karel Reisz, lancia il manifesto del Free Cinema, iniziando il movimento degli arrabbiati con la presentazione del suo primo film, Together, che l’anno successivo viene premiato a Cannes.
Al ritorno in Italia, comincia la trilogia dei romanzi con Il cielo cade, pubblicato da Garzanti (ora riedito da Sellerio) e vincitore del premio Viareggio come opera prima nel ’61. Attualmente dirige a Roma un teatro per bambini, il Puppet Theatre di Campo de’ Fiori, di cui è l’ideatrice. Dal suo primo romanzo, pubblicato in Europa, Usa, America Latina e persino in Giappone, è stato tratto Il cielo cade di Andrea e Antonio Frazzi, sceneggiato da Suso Cecchi D’Amico, con Isabella Rossellini.

Era visibilmente commossa, dopo la proiezione del film. Le è piaciuto?
Mi è piaciuto molto, sono soddisfatta di come è stato reso il romanzo. Io l’ho scritto al mio ritorno da Londra, all’età di trent’anni. È stato un attimo. Ero andata a Sperlonga, in campagna, e d’improvviso mi è piombato addosso il ricordo. L’ho finito in quindici giorni. Era una necessità. Ora sono sorpresa che ne sia venuto fuori questo film. E felice.

Come ha vissuto gli anni successivi a quella terribile esperienza?
Sono stati anni bui. Non potevo chiudere gli occhi, né dormire, avevo sempre quei fatti davanti al mio sguardo. Vedevo sempre mia zia e le mie cugine, martoriate e barbaramente uccise dai tedeschi. Solo il tempo mi ha fatto superare il dolore. E la scrittura. Scrivendo, me ne sono liberata.

Cosa ne pensa del fatto che il libro sta per uscire anche in Germania?
Sono curiosa di vedere cosa succederà, ora che i tedeschi ne hanno acquistato i diritti, dopo che per anni si sono rifiutati, bloccati dal loro imbarazzo. Tra l’altro, la traduttrice del mio libro è la nipote di un braccio destro di Hitler. Questa è la prova che quella di oggi è una generazione capace di ammettere i fatti. E accettarli.

autore
15 Maggio 2000

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