Non c’è Mario, alpino e portiere d’albergo che dedica tutto il suo tempo libero a recuperare, là sulle montagne del Passo dello Stelvio, reperti della Prima Guerra Mondiale. “La città per me è troppo grande, fate come se ci fossi” ha lasciato detto al regista, Alessandro Melazzini, che ha presentato a Roma il suo documentario Stelvio. Crocevia della pace, realizzato nell’ambito delle commemorazioni del centenario della Grande Guerra.
A restituirci l’inutilità di quella carneficina tra italiani e austriaci non è solo Mario con il suo insolito passatempo che richiama peraltro un film di Ermanno Olmi, I recuperanti girato tra le montagne dell’Altopiano di Asiago. C’è anche nel documentario Paolo che ci guida attraverso le trincee, i camminamenti e i rifugi militari, ricordandoci che “lo Stelvio lo si ama o lo si odia”.
Altre voci di residenti ci raccontano quello che oggi è un luogo di pace, o meglio di turismo, soprattutto per lo sci estivo, e che si raggiunge grazie al passo dello Stelvio, la strada voluta dall’imperatore Francesco I e costruita tra il 1822 e 1825 come collegamento militare tra Vienna e l’allora Regno Lombardo Veneto. Ed ecco Claudia, guardia forestale; Pompa, meccanico, inventore e aviatore; Lorenz artista stravagante e un po’ filosofo; Renato, albergatore che miscela tre cucine, valtellinese, grigionese e altoatesina; i campioni Deborah Compagnoni e Gustav Thöni che ricordano i loro primi allenamenti su quei campi di sci.
Le loro testimonianze compongono l’omaggio filmico alla montagna, alla sua natura e ai suoi panorami che sono la parte emotiva del film grazie a raffinate e poetiche riprese, realizzate da terra e in volo. Ne soffre, ma è una consapevole scelta autoriale, il racconto della Grande Guerra e si avvantaggia la parte ‘product placement’.
“E’ un documentario sull’oggi e ho rinunciato a mettere del bellissimo materiale fotografico di quel tragico evento – spiega il regista – Del resto le immagini migliori non sono autentiche nel senso che sono state scattate da fotografi dell’esercito e dunque mostrano i soldati in posa. Ho preferito lavorare per sottrazione, volevo essere puro”.
In quel luogo “candido e misterioso” Melazzini è di casa fin da bambino quando si trovava a salire in auto i tanti tornanti del Passo dello Stelvio. Valtellinese di origine, un passato da giornalista free lance, dalla fine degli anni ’90 il regista vive in Germania e ha diretto Monaco, Italia. Storie di arrivi in Germania (2011) e sta terminando Come un fiume, documentario dedicato alla musica giamaicana nel Nord Italia.
L’idea di Stelvio. Crocevia della pace nasce dall’incontro con una giornalista esperta del territorio valtellinese che aveva intervistato il recuperante Mario. “E poi una volta andato via dall’Italia ho riscoperto le mie radici e ho deciso di far conoscere un luogo rilevante sotto l’aspetto storico e paesaggistico”, afferma Melazzini.
Nonostante le difficoltà ambientali, è stato girato tantissimo materiale tra marzo e ottobre. “Lo Stelvio è un luogo imprevedibile per le continue variazioni metereologiche – spiega il direttore della fotografia Alessandro Soetje – Tuttavia questo limite è anche la sua qualità, perché rende dinamica ogni inquadratura. C’è qualcosa di magico nella luce che viene da nuvole che vanno e vengono”.
Il film, che ha avuto il sostegno della banca Popolare di Sondrio, avrà prossimamente passaggi sulla Rai, e sulle televisioni tedesca e svizzera-italiana.
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