BERLINO. E’ filippino Liryc Dela Cruz – regista, sceneggiatore, montatore, dop, scenografo e produttore – ma il suo film Come la notte, presentato a Berlino 75 in Perspectives è a tutti gli effetti una coproduzione italiana (tra i produttori Leonardo Birindelli) e la storia che racconta è profondamente legata alla nostra.
Tre fratelli, separati da molti anni, si riuniscono nella villa ereditata dalla sorella maggiore Lilia (Tess Magallanes). La donna, ormai matura, ha assistito per molti anni una signora italiana stringendo con lei un legame che si intuisce fortissimo e anche caloroso. Il fratello Manny (Benjamin Vasquez Barcellano Jr.) e la sorella minore Rosa (Jenny Llanto Caringal) hanno un approccio freddo e pragmatico, vendere la proprietà risolverebbe molti problemi, magari consentendo loro di tornare nelle Filippine con un capitale a disposizione. La riunione di famiglia addensa brutti ricordi e aspettative tradite, molto è rimasto e rimane inespresso tra loro. Lilia non cede alle richieste prima gentili poi sempre più invadenti e insistenti. Lei sogna di occuparsi del grande giardino e della dimora, vivere da sola non la spaventa, fin da giovane si è sacrificata per portare soldi a tutta la famiglia con il suo lavoro domestico. Ma gli altri due non sono d’accordo.
Liryc Dela Cruz, artista e filmmaker nato nelle Filippine che oggi vive a Roma, sceglie per la sua opera prima un bianco e nero elegante ma anche tenebroso che rivela e amplifica le ombre mentali che gravano su questa piccola e apparentemente innocua famiglia. “Questo film – racconta l’autore – è un’esplorazione profondamente personale dell’eredità silenziosa e corrosiva che il colonialismo ha lasciato nella psiche filippina, il suo potere insidioso di frammentare non solo le nazioni, ma anche le famiglie e gli individui. Attraverso la storia di tre fratelli, tutti lavoratori domestici in Italia, ho voluto esaminare come secoli di oppressione, spostamenti e lotta per la sopravvivenza abbiano plasmato le dinamiche intime della famiglia, creando spazi in cui il dolore irrisolto prolifera nel silenzio”.
L’unità di luogo è assoluta e dichiarata fin dalla prima lunga sequenza, in cui vediamo Lilia che si alza al mattino, prega per l’anima della defunta padrona e quindi spazza pazientemente e con gesti ripetuti come in un rituale magico la scala d’ingresso. La location è una villa in provincia di Trento a Vigolo Vattaro, divenuta casa d’arte, un luogo dal fascino sospeso e fuori dal tempo, quasi un mondo a parte rispetto alla contemporaneità. “La villa in cui i fratelli si riuniscono – spiega Liryc – è un’estensione simbolica della loro condizione di prigionia in un mondo straniero che ha imposto la propria architettura alle loro vite. Le distanze tra di loro non sono solo fisiche, ma rappresentano gli echi di una storia inespressa che li perseguita. Le cicatrici della migrazione, del servire sempre in casa altrui, rivelano un senso di appartenenza fratturato, dove la cura è contaminata dal risentimento e l’amore è inseparabile dal rancore”. Si sta a tavola e si parla di cibo filippino con evidente rimpianto e nostalgia della propria terra, ma intanto si covano propositi inconfessabili.
Curiosamente nello stesso giorno il concorso della Berlinale 75 ha proposto il messicano Dreams di Michel Franco, dove uno dei temi toccati, nel complesso e violento rapporto tra Messico e Stati Uniti, è proprio quello del servizio. Un immigrato dice esplicitamente: “Finché puliamo i loro bagni, per gli americani va tutto bene, ma se vogliamo prendere il loro posto, veniamo espulsi come clandestini”.
“Come la notte – aggiunge Liryc Dela Cruz – riflette una verità più profonda e oscura: quando gli oppressi interiorizzano la violenza dei loro oppressori, il risultato può essere ancora più devastante. L’eredità più sinistra del colonialismo sta nel modo in cui trasforma il dolore in potere, mutando coloro che hanno sofferto in inconsapevoli strumenti di dolore. Lo sgretolarsi della fratellanza non è semplicemente il risultato dei loro fallimenti personali, ma un sintomo di un male molto più grande e pervasivo; qualcosa che trasforma la vittimizzazione in un’arma”.
E ancora: “Questo film è un monito, un promemoria che le ferite inflitte dalla storia non scompaiono; possono mutare, interiorizzare e avvelenare persino le nostre relazioni più intime. Se non affrontiamo questo ciclo, il dolore del passato continuerà a mietere nuove vittime, a volte persino per mano nostra”.
Liryc Dela Cruz ha mostrato le sue opere a Locarno, al Jihlava International Documentary Film Festival, a Santarcangelo e alla Biennale di Venezia. Nel 2023 la sua mostra “Il Mio Filippino: For Those Who Care to See” è stata inaugurata al Mattatoio di Roma. Tra le altre cose l’artista ha contribuito a fondare Il Mio Filippino, un collettivo di domestici, badanti e addetti alle pulizie, ed è anche membro del collettivo artistico Pescheria.
Circa 19.000 professionisti accreditati (compresa la stampa) hanno partecipato al festival. Sono stati venduti 336.000 biglietti al pubblico, un numero leggermente superiore a quello del 2024
Il film di Dag Johan Haugerud vince il primo premio. Orso d'argento a The Blue Trail di Gabriel Mascaro e The Message di Iván Fund. Sorpresa per l'Italia una menzione ai De Serio
Il film è nelle sale italiane dal 6 Marzo con Wanted Cinema
Al film una menzione speciale dalla giuria del Documentary Award. La motivazione: "Con questo film i registi sono riusciti a trasportarci in modo magistrale in un altro tempo e spazio, un luogo di meraviglie dove le voci ancestrali resistono e trascendono le bende che oscurano i nostri tempi"