Liliana Cavani al MAXXI di Roma racconta il suo terzo film dedicato a San Francesco. A introdurla è Giovanna Melandri, presidente Fondazione MAXXI, mentre conducono la conversazione Piera Detassis, presidente Fondazione Cinema per Roma, e Mario Sesti, curatore della rassegna.
“Lo scandalo della povertà”, evocato in apertura dalla presidente Melandri, è stato il suggerimento tematico che ha aperto il dialogo con Liliana Cavani sulla sua “magnifica ossessione” – come l’ha rinominata Piera Detassis – per Francesco. Il Francesco – terzo film che Liliana Cavani dedica al santo di Assisi, dopo quello ‘66 con Lou Castel e quello del 1989 con Mickey Rourke – da pochi mesi trasmesso su Raiuno, “è stato possibile per la tenacia di Claudia Mori”, produttrice del progetto, che “lo ha difeso con accanimento” – spiega la regista – finché anche la Rai si è convinta a sostenerlo”. Questo progetto, prosegue Cavani, è nato tutto prima che ci fosse Papa Francesco: le venne chiesto di scrivere un un saggio sul poverello di Assisi, che non scrisse perché spinta a riflettere sull’urgenza di riproporre, con il linguaggio del cinema a lei più congeniale, alcuni temi. Così a distanza di poco meno di 30 anni dal precedente ha deciso di raccontare di nuovo questa figura, alla luce del tema della decrescita economica globale, che però non dovrebbe distrarre dall’idea della fraternitas francescana, un tema che va ripensato per il futuro del mondo, in disaccordo con l’individualismo economico dominante.
La struttura narrativa del terzo Francesco – protagonista il polacco Mateusz Kosciukiewicz – propone forte il tema dell’eredità spirituale dopo il passaggio in cielo del santo: Elia (Vinicio Marchioni) è un politico realmente esistito – spiega la regista, soffermandosi sulla scelta di aver reso protagoniste anche altre figure oltre al santo. Ignorato dalla letteratura biografica, era un uomo affascinato dal pensiero di Francesco per la sua semplice sapienza, colui che raccolse il denaro per costruire la chiesa di Assisi; l’opposto era Chiara, unica monaca in contraddizione con il Papa, da cui pretese il privilegio della povertà, una radicalità mai propagandata, nel grande senso di libertà dell’esercizio della fede. L’accento su di lei è più forte che negli altri due film: “Ho potuto farlo grazie all’aggiornamento recente della sua biografia, ma non con l’intenzione di dare il senso di un’erede femminile di Francesco”.
Ripercorrendo brevemente a ritroso il suo approccio a questa figura, Cavani racconta che fu Angelo Guglielmi, che al tempo era dirigente Rai, a proporle, appena trentatreenne, di fare un lavoro su Francesco, di cui lei dice: “conoscevo solo Il Cantico”; il suo profilo molto laico non le impedì di rimanere incuriosita da quella proposta. Da allora, per lei l’idea perenne è stata quella di indagare la fratellanza, un’intuizione – spiega Cavani – che Francesco ebbe focalizzando la possibilità solo se disposti, anzitutto, al cambiamento di se stessi, prima ancora che al cambiamento delle grandi cose e della Chiesa, “modernissima, pura sapienza” quella del Santo.
Liliana Cavani puntualizza che non ci possono essere film, per lei, che non pongano almeno una domanda sulla Storia e quella di Francesco non solo ne pone diverse ma con “la freschezza di una rivoluzione esistenziale”.
Il regista australiano, è noto per il suo debutto nel lungometraggio con il musical 'The Greatest Showman'
Recente la scoperta delle origini della madre, Rosa Nespeca, che avrebbe trascorso la sua giovinezza nel Piceno. In corso i tentativi di invitare Zemeckis nelle Marche
L’iniziativa è organizzata dall’associazione culturale Made in Italy presso il multisala Votiv Kino insieme alla casa di distribuzione austriaca Filmladen e l’Istituto Italiano di Cultura di Vienna, con il contributo del Ministero della Cultura
Nessuna spiegazione ufficiale è stata fornita per l'assenza del celebre cineasta alla proiezione di gala organizzata dall'American Film Institute