L’orrore torna in sala con Leatherface, ottavo capitolo della saga di Non aprite quella porta che si pone come prequel alternativo rispetto a Non aprite quella porta – L’inizio del 2006, che era sì un capitolo zero, ma del remake di tre anni prima. Questo invece riavvolge il nastro fino a prima del cult di Tobe Hooper – e, data la recente scomparsa del regista, l’occasione viene buona per rendergli omaggio – datato 1974 e basato su orrendi fatti di cronaca nera reale, sebbene molto romanzati. A prendere le fila del discorso sono i registi francesi Alexandre Bustillo e Julien Maury, che si erano fatti notare per i sanguinolenti Inside, Livid e Among the Living) e dimostrano di avere le idee molto chiare: “Prima di leggere la sceneggiatura – dicono – temevamo che seguisse pedissequamente il linguaggio di questa saga. Poi invece siamo rimasti abbastanza sorpresi, e in modo favorevole, dal fatto che la sceneggiatura prendesse un’altra direzione e avesse una struttura nuova rispetto agli altri della serie. Abbiamo sentito che potevamo portare il nostro universo in questa storia e metterci qualcosa di nostro”. In verità, il risultato riesce a metà.
Se l’inizio è molto convincente con il piccolo ‘faccia di cuoio’ cresciuto in una famiglia di zotici contadini incapaci di distinguere un cadavere umano da un quarto di bue, con tutte le conseguenze del caso, dal momento in cui il piccolo viene trasferito in un istituto di sostegno dove, si presume, avverrà la sua definitiva metamorfosi in assassino, la trama segue l’impostazione di un colpo di scena non particolarmente riuscito – nel senso che si comprende abbastanza facilmente dove il film voglia andare a parare – e gli eventi precipitano nel giro di pochissimo tempo. Curiosa la scelta, vista la fama dei registi, di lasciare fuori campo alcune delle uccisioni più cruente, mentre invece il film incrementa di ritmo, tensione e sangue sparso nel finale, che è forse una delle parti più interessanti.
“E’ stato emozionante – dicono ancora i registi – fare un film americano ambientato negli anni Cinquanta e Sessanta, siamo francesi e affascinati dallo stile di vita americano dell’epoca fin da quando eravamo ragazzi. La storia si svolge in due periodi diversi – negli anni Cinquanta e nei Sessanta – fino ad arrivare a dieci anni prima dell’originale. Nella prima parte abbiamo tre ragazzi nella casa di minori deviati, ciascuno di loro potrebbe essere Leatherface. Non si trattava tanto di costruirlo ma di riversare una serie di cose orribili su una persona in modo da portarla alla follia”.
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