C’è un’isola al largo del Madagascar, si chiama La Riunione (La Réunion) e batte bandiera francese, un crogiolo di culture dove confluiscono da secoli popolazioni europee, africane e asiatiche. È qui che è ambientato Le Petit Piaf, commedia musicale francese che è stata presentata in anteprima alla 13ma edizione del festival Rendez-Vous e che uscirà nelle sale dal 4 maggio 2023.
Il “piccolo passero” di cui si legge nel titolo è il protagonista della storia, Nelson, un bambino di 11 anni che sogna di partecipare a un popolare programma televisivo per trasformare il suo talento canoro in un mestiere. L’obiettivo finale è quello di far uscire dalle difficoltà economiche la sua famiglia (composta solo dalla madre e dalla nonna), aiutando anche i suoi migliori amici Mia e Zidane, due orfani che vivono alla giornata tra un espediente e l’altro. Il terzetto individua nel celebre ma fuorimoda cantautore Pierre Leroy, ospite nell’albergo dove lavora la madre di Nelson, il maestro perfetto – o meglio l’unico possibile – per permettere all’aspirante cantante di superare l’ansia che lo blocca tutte le volte che deve parlare in pubblico. Pierre è un uomo burbero e infelice, che mastica quotidianamente la parte peggiore del proprio lavoro, un uomo talmente sconnesso con se stesso da non riuscire neanche a far funzionare una porta automatica. Chiaramente, sarà proprio lui a imparare di più dal rapporto con il piccolo Nelson e i suoi amici.
La trama di Le Petit Piaf ricalca appieno il genere della commedia musicale di stampo aspirazionale che recentemente, per fare un esempio, ha raggiunto il suo massimo espressivo con il film premiato all’Oscar Coda – I segni del cuore. Quando si trattano racconti di questo tipo, evitare i cliché è una priorità assoluta e, fortunatamente, la commedia diretta da Gérard Jugnot (che nel film interpreta anche il simpatico direttore dell’albergo) ci riesce con discreta disinvoltura. Il talento canoro, inizialmente visto anche qui come la solita soluzione “facile” per ottenere ricchezza e successo, viene rapidamente ricondotto a qualcosa di più spirituale, in linea con le tradizioni culturali dell’isola dove si ambienta la storia. La competizione passa presto in secondo piano per ricondurre il canto a un’esperienza primordiale, il più primitivo tramite fra le emozioni umane.
Ma l’elemento migliore della pellicola, insieme alla colonna sonora, è sicuramente il cast, in uno di quei rari casi in cui i personaggi sono cuciti su misura sui loro interpreti, questa volta letteralmente. A interpretare Pierre c’è il noto cantante e attore francese Marc Lavoine, mentre nei panni del piccolo protagonista c’è Soan Arhimann, al debutto sul grande schermo dopo avere acquistato popolarità sul piccolo, vincendo la versione francese di “The Voice Kids”, situazione che viene poi addirittura riproposta all’interno della trama. Due talenti eclettici che rappresentano una vecchia e una nuovissima generazione, in un passaggio artistico di certo rilevante per il pubblico francese, per il quale è stato primariamente pensato questo lungometraggio.
Anche fuori dai confini transalpini, Le Petit Piaf resta una piacevole commedia per famiglie, che insegna ai più piccoli non solo a credere ai propri sogni e al “grande destino” che ci aspetta, ma a farlo senza dimenticare la propria comunità e i propri affetti. D’altronde, come insegna un detto tradizionale de La Réunion: “tu sei perché noi siamo”.
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