VENEZIA – Frase chiave del film: “Puoi scatenare una guerra e restare ancora in sella, ma non puoi mai scoparti una stagista”. Le idi di marzo, nuova regia del divo George Clooney, a Venezia in concorso e in apertura, non sarà un film “politico”, come si affretta a puntualizzare il suo autore, ma affonda certo le radici nella storia americana recente echeggiata con finezza dalla pièce teatrale da cui è tratto, ovvero “Farragut North” di Beau Willimon. Il nuovo titolo, che contiene un evidente richiamo scespiriano, serve anche a rendere il pamphlet più universale nonostante la trama squisitamente americana: “Lascio allo spettatore di decidere chi è Bruto, chi è Cassio e chi Giulio Cesare”.
Accolto con favore al festival, il film ci trasporta nell’Ohio del prossimo futuro, in piena campagna per le primarie dei democratici. Il governatore Mike Morris (slogan I like Mike) che ha la faccia da schiaffi di Clooney, è dato in leggero vantaggio dai sondaggi sul più opaco Pullmann anche grazie ai suoi efficaci collaboratori: il veterano Paul Zara (Philip Seymour Hoffman) e il rampante Stephen Meyers (Ryan Gosling), un trentenne ambizioso e idealista che scrive splendidi discorsi e gestisce i rapporti con la stampa senza esitazioni passando i suoi scoop all’amica giornalista influente Ida Horowicz (Marisa Tomei). Eccoci dunque nell’ingranaggio dell’ascesa di un futuro presidente degli Stati Uniti, in un’epoca di crisi energetica e scacco tecnologico, terrorismo islamico e ritorno alle radici cristiane: e qui si insinua una vicenda sessuale che coinvolge la giovane e avvenente stagista Molly (Evan Rachel Wood). “L’ambiente della politica è altamente seduttivo – spiega Hoffman – perché è un posto dove si concentrano soldi e potere”. E Paul Giamatti, che ha il ruolo dello scaltro consigliere del candidato avversario, incalza: “Il gioco politico, in America, è fortemente incentrato sulla seduzione e la manipolazione”.
Quasi subito salta fuori il fantasma di Dominique Strauss-Kahn, il socialista francese accusato questa estate di violenza sessuale ai danni di una cameriera newyorchese e ora scagionato. “A lui non saprei che consigliare – taglia corto il bel George, al Lido da single ma accompagnato dall’amica Cindy Crawford – paese che vai, scandalo che trovi, preferisco non fare commenti su questo argomento”. E chissà se si riferisce anche alle vicende italiane visto che ormai passa la maggior parte del suo tempo sul lago di Como.
Insiste che la politica c’entra fino a un certo punto. “La stessa vicenda potrebbe accadere a Wall Street o altrove, dovunque ci sia la possibilità di vendere la propria anima per il successo. Anche se è vero che la politica aumenta questi rischi….”. Tuttavia il suo impegno è arcinoto, dimostrato per esempio in Good Night and Good Luck. “Sì, anche questo è un film personale, evidentemente. Se passi 4 /5 anni a lavorare a un progetto, è chiaro che è qualcosa di personale”.
Clooney racconta che per Le idi di marzo, che in Italia uscirà a gennaio con la 01, non tutto è stato rose e fiori: “Ci stavamo lavorando già nel 2007, poi venne eletto Barack Obama e in quel momento tutti erano ottimisti, non aveva molto senso raccontare una storia intrisa di cinismo e ci siamo resi conto che non era il momento giusto. Poi, dopo un anno, quel momento è arrivato. Io sono cresciuto con il grande cinema degli anni ’70, i film che ponevano le domande importanti sui diritti, la condizione delle donne, la droga, la politica. Oggi che nel mio paese viviamo di nuovo grandi difficoltà è importante tornare a quel cinema d’impegno”.
Al Lido non c’è purtroppo Ryan Gosling, carismatico protagonista del film. L’attore di Drive e Half Nelson con la sua miscela di fascino e alienazione dà al personaggio di Meyers una straordinaria ambiguità. “E’ il primo a cui l’abbiamo chiesto, ma anche tutti gli altri interpreti sono una prima scelta. Avevo delle foto compromettenti di ciascuno ed è stato facile convincerli”, scherza Clooney. In realtà pare che decisiva sia stata la sceneggiatura scritta con Grant Heslov, complice di molte altre avventure creative. “Grant e io ci conosciamo dai tempi della scuola di recitazione, all’epoca mi prestò 200 dollari per farmi il book fotografico. Come lavoriamo? Andiamo insieme in piscina e mentre qualcuno ci sbuccia gli acini d’uva noi discutiamo del progetto prima di sederci a lavorare seriamente”. Stavolta cercavano una storia con un forte risvolto morale. “La pièce di Willimon ci è sembrata giusta, perché univa cinismo e idealismo in parti uguali. Il cinismo è una caratteristica della politica contemporanea che rende molto difficile governare. Ma per il futuro sono ottimista: le cose si aggiusteranno. Almeno spero”.
E magari qualcuno immagina per Clooney un futuro da presidente degli States, in stile Ronald Reagan? “Fare il presidente? Non ci penso nemmeno… c’è un tizio molto simpatico che lo sta facendo in questo momento e sta soffrendo parecchio. Perché mai dovrei candidarmi? Io ce l’ho già, un bel lavoro!”. E poi vuoi mettere le responsabilità che deve affrontare un politico. Per Paul Giamatti “Hollywood sembra il paese dei balocchi rispetto a Washington”. E per Clooney “le scelte di un regista non cambiano la vita di milioni di persone, al massimo danno fastidio a qualche critico”.
Infine un’eco italiana sui temi forti del film. Vittorio Feltri, interpellato dall’Ansa, sulla capacità dei media di trasformarsi in una macchina del fango, reagisce duramente. “Da sempre i giornali hanno fatto polemiche, anticipato le sentenze dei tribunali, colpevolizzato persone che poi sono risultate innocenti. Ci siamo dimenticati il caso Tortora? Berlusconi si è molto lamentato di questa macchina del fango per via di certe sue avventure pecorecce, ma mi sembra che a sinistra si siano ben guardati dall’invocare ‘la macchina del fango’. Del resto è molto difficile stabilire dei limiti quando si parla di un personaggio pubblico”. Quindi una riflessione sul passato: “All’epoca della Dc, i giornalisti non venivano facilmente querelati. Tant’è che c’era chi come Pasolini voleva processare la Democrazia Cristiana in piazza. Oggi invece ti querelano anche quando hanno torto e per questo si hanno mille cautele”.
L'artista Luca Musk e Franco Bellomo presentano il progetto espositivo dedicato al Maestro del Brivido. Una collezione di illustrazioni d'atmosfera che fanno rivivere i set di Argento e la loro magia
Il documentario d'esordio di Alessandra Stefani ci porta in un viaggio lungo i quattro continenti alla scoperta delle prospettive che ci offrono i più importanti architetti contemporanei per un mondo più sostenibile. In sala con Adler dal 27 al 29 settembre
La redazione va in vacanza per qualche giorno. Riprenderemo ad aggiornare a partire dal 2 gennaio. Auguriamo un felice 2018 a tutti i nostri lettori.
E' ancora Cattivissimo 3 a guidare il box office per il terzo weekend, con 2.471.040 euro. Al 2° posto, con 1 mln 919mila euro, sfiorando i 6 mln totali, il kolossal di Christopher Nolan Dunkirk