Orso d’Argento per la Miglior Sceneggiatura alla 66 esima Berlinale, Le donne e il desiderio di Tomasz Wasilewski, arriva in sala dal 27 aprile distribuito da Cinema di Valerio De Paolis. Il regista polacco torna ad affrontare l’universo femminile dopo In a Bedroom, sorpresa del Karlovy Vary 2012 e Floating Skyscrapers visto al Tribeca 2013, in cui si concentrava su un triangolo amoroso. Siamo nel 1990 e i tempi del cambiamento stanno soffiando in Polonia. Il primo euforico anno di libertà dal comunismo, ma anche di grande incertezza nei confronti del futuro. Quattro donne apparentemente felici di età differenti decidono che è tempo di cambiare la loro vita, raggiungendo definitivamente la felicità e il totale appagamento di tutti i loro desideri. Agata è una giovane madre, intrappolata in un matrimonio infelice, che cerca rifugio in un’altra relazione impossibile. Renata un’insegnante un po’ più anziana, affascinata dalla sua vicina Marzena, contadina single e bellezza locale, il cui marito lavora in Germania. La sorella di Marzena, Iza, è una preside innamorata del padre di uno dei suoi studenti di danza classica. “Le donne – dice il regista – sono una parte molto importante della mia giovinezza, anche più della politica. E’ attraverso i loro occhi che guardavo il paese trasformarsi. Vivevo in un condominio che era appartenuto all’esercito. I padri lavoravano tutti nello stesso settore, e le madri guardavano i figli e la casa. Erano sole, si incontravano sulle scale o al mercato. Erano il mio mondo. La nostra vicina ogni pomeriggio piombava in casa con una tazza di caffè e si fermava a chiacchierare con mia madre. Erano tutte e due casalinghe. Sfortunatamente non mi ricordo di cosa parlassero, però mi ricordo benissimo questo rituale. Spesso si visitavano senza darsi preavviso. I rapporti tra vicini erano diversi rispetto a oggi, molto meno formali. Si tende a fare maggiormente squadra quando si ha la sensazione di doversi difendere“.
Il film si muove anche attraverso situazioni e luoghi di culto, come un video-shop: “Prima che mio padre ci portasse un videoregistratore dalla Germania Est, andavo nei video-shop solo per godere della sensazione di essere circondato dai film. Potevo solo leggere i titoli, ma me lo facevo bastare. Mi ricordo videocassette dove c’erano registrati Rambo e Dirty Dancing, nessuno si preoccupava dei diritti d’autore. Però non trovavi i capolavori di Fellini o Bergman. Chi mai li avrebbe guardati in quell’ambiente? Alla gente serviva un cambiamento, volevano solo stare bene e divertirsi. Volevano i film americani. Ma quello che non cambia mai, sono i sentimenti. Sì, puoi essere influenzato dalle idee politiche o sociali, ma ami nello stesso modo, che sia il 1883 o il 2016. Se il film fosse stato ambientato nell’epoca contemporanea, le emozioni dei miei protagonisti sarebbero rimaste le stesse. Sarebbero cambiate le loro scelte, forse. Ad esempio, dalle mie parti, 25 anni fa i divorzi erano molto rari. Rimasi scioccato dal sapere che i genitori della mia prima fidanzata erano separati. Oggi sono più comuni, eppure in molti vivono dei matrimoni infelici e insoddisfacenti. Pensiamo a quanto potesse essere frustrante in una comunità claustrofobica e isolata“.
Emerge anche qualche riferimento a Kieslowski e al suo Decalogo: “Ma ne ho visti solo due capitoli – dice ancora Wasilewski – mi spiace, prometto che recupererò. Penso comunque che sì, delle similitudini siano possibili. Parliamo dello stesso periodo storico, solo che lui lo ha vissuto da adulto e io da bambino. Era un’epoca in cui tutti la domenica andavano in Chiesa, e questo sentimento religioso me lo porto dietro, è ancora molto forte in me. Credo di essere quello che sono per via della mia educazione cattolica“.
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