Laurent Cantet e la “bestia social”

In anteprima ai Rendez-Vous del nuovo cinema francese Arthur Rambo – Il blogger maledetto, che racconta la vicenda di un blogger di successo affossato a causa di alcuni vecchi tweet


In anteprima al Nuovo Sacher per i Rendez-Vous del nuovo cinema francese Arthur Rambo – Il blogger maledetto di Laurent Cantet.

Karin D. è un romanziere alla moda che viene dalla banlieue e incarna il simbolo della Francia multiculturale e antirazzista.  Coccolato da giornali e televisioni, finisce tuttavia in un tritacarne mediatico quando qualcuno riesuma alcuni suoi tweet di matrice antisemitica, omofoba e misogina, che aveva pubblicato con lo pseudonimo di ‘Arthur Rambo’, mix tra il nome del celebre poeta e quello dell’eroe action americano. Ispirato al vero caso di Mehdi Meklat, l’ottavo lungometraggio di Cantet è una riflessione sull’identità e sulla violenza di alcuni meccanismi del web 2.0.

“Volevo riflettere sul mondo dei social – racconta il regista – su come li usiamo e su come riflettiamo poco prima di usarli. E’ un mondo parallelo che spesso ha ripercussione sulla vita reale sia in modo negativo che positivo. E’ bene poter comunicare con tanta gente, i social possono diventare strumento di militanza ma è anche un posto dove si pensa molto poco e si pensa velocemente, bisogna rispondere subito, arrivare per primi e con messaggi brevi. Tutti questi aspetti mi affascinavano. Poi è arrivata la storia di Mehdi. Lo conoscevo perché aveva rilasciato molte interviste in radio e in televisione, aveva già scritto dei libri e proprio mentre presentava una sua opera sono venuti fuori questi messaggi disturbanti che aveva scritto sotto pseudonimo. Lui ha cercato di spiegare la cosa con una volontà di provocazione, ‘cazzeggio’ giovanile, eppure non riuscivo a mettere in relazione quei messaggi con il Mehdi che conoscevo. Mi sono chiesto se la sua compagna sapesse che conviveva con la stessa persona il cui cervello aveva concepito quei tweet”.

Ma il film tende più a porre domande che a dare risposte: “E’ quello che mi interessa realmente del cinema – continua Cantet – mi piace quando un film lascia agli spettatori del lavoro da fare a casa. Sui social interpretiamo spesso un ruolo, ma non sempre ne siamo coscienti e questo contribuisce a nutrire la bestia. Operiamo e reagiamo esattamente come i social vogliono che facciamo, più creiamo rumore, scontro e violenza, più ci saranno ulteriori reazioni, rilanci, retweet, eccetera. Al di là dell’ispirazione, il film è completamente opera di fiction. Lo abbiamo costruito con gli sceneggiatori come un procedural drama. Da quando ricompare il tweet mettiamo Karin di fronte a molte ‘giurie’ che lo costringono a riflettere su quello che ha scritto e perché. E’ comunque una presa di coscienza”. Nel corso del suo calvario mediatico, nessuno sembra voler tendere una mano a Karin.

“I social hanno una memoria infinita e questo è parte del problema, perché viene a mancare una cosa che ritengo legittima: il diritto all’oblio. Tutti cambiamo e tutti avremo detto a quindici o vent’anni delle cose che avremmo ritenuto scandalose da adulti. E devo dire che molti giovani delle banlieues o immigrati hanno trovato tramite social un posto nel mondo, e questo è bene, però è anche vero che appena qualcuno deraglia ci mettono un attimo a rimandarlo alla casella di partenza. Purtroppo le cose diventano più o meno accettabili a seconda di chi le dice. Durante le elezioni presidenziali Zemmour ha detto cose molto più schockanti rispetto ai tweet di Mehdi e i giornalisti continuavano a porgergli il microfono, permettendogli di ottenere anche un buon riscontro ai sondaggi”. 

E tuttavia il film intelligentemente non prende una posizione specifica: “gran parte del lavoro è stato trovare la giusta distanza dal personaggio. Non volevo farne un mostro ma nemmeno una vittima, volevo che avesse sempre la responsabilità delle sue azioni. I tweet sono stati appositamente riscritti dagli sceneggiatori e abbiamo usato il cinema, il grande schermo, per renderli ancora più rilevanti. Si notano molto più che sullo schermo di un telefono ma il tentativo del film è quello di riprodurre il ritmo forsennato da botta e risposta che assumiamo tutti quando siamo online”.

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01 Aprile 2022

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