Sarà l’insegnate di recitazione di Riccardo Scamarcio che diventa poi la sua amante ne Il grande sogno di Michele Placido. E anche una moglie separata ma ancora devota al suo ex marito per Pupi Avati e il suo Figlio più piccolo. Laura Morante, ospite del Giffoni, veste ancora una volta i panni di donne sprovvedute e difficili. E racconta la sua seconda volta con Avati, dopo l’horror Il nascondiglio: “Sono la madre di un ragazzo (Nicola Nocella proveniente dal Centro Sperimentale di Cinematografia), che vive nel mito del padre, che li ha abbandonati quando era piccolo”. Un uomo senza scrupoli, interpretato da Christian De Sica, che in pochi anni ha accumulato una grande ricchezza che d’un tratto rischia di perdere. Si riavvicina così al figlio e alla sua famiglia ma solo per buttar loro addosso tutte le responsabilità dei suoi errori. “Il film è ambientato ai giorni d’oggi e io sono una donna ingenua legata al suo ex, di cui è ancora innamorata. Aspirante cantante senza qualità e a tratti patetica”.
E interpellata dai cronisti sulla situazione del settore spettacolo in Italia e sul rapporto con la cinematografia francese, Paese in cui ha vissuto per diversi anni: “Le agevolazioni appena introdotte in Italia in materia di tax credit e tax shelter in Francia esistono già da diversi anni. E, inoltre, dopo che un film francese è stato realizzato, si continua a seguirlo e ad assisterlo, un po’ come si fa per un figlio. In Italia, invece, siamo molto poco amorevoli verso i nostri prodotti e la nostra cultura. L’esercizio tende a mantenere una media d’incasso per sala alta e a volte toglie velocemente i film dalla programmazione impedendone così anche un giusto passaparola che potrebbe sostenerli di rimando”. La superiorità del cinema d’oltralpe non è una questione di talenti, per la Morante, piuttosto nasce dalla superiorità dell’industria cinematografica che dà numericamente più opportunità.
Ma una cosa sembra veramente invidiare la Morante ai suoi colleghi francesi: la loro versatilità e capacità di sperimentarsi sempre con qualsiasi mezzo. “Non ci dovrebbe essere uno steccato. Vorrei anch’io provare con la sceneggiatura o con la radio, recitando magari in un radiodramma, ma me lo impediscono puntualmente”. E dire che è un ferma sostenitrice della sperimentazione, al punto da dichiarare che “non esiste una carriera senza macchie. Prima di tutto l’attore è un mestiere che si costruisce, e fare film brutti è estremamente costruttivo. E’ più facile recitare un film ben scritto o diretto, ma in realtà più la pellicola è brutta, più è educativa”. E non è l’argomento trattato nel film a farne la qualità: “Credo che sia pericoloso distinguere le opere d’arte per argomento. Ci possono essere film meravigliosi su argomenti inconsistenti e viceversa. Certo il tema è la cosa più facile da promuovere in un film, ma alcuni capolavori di Resnais si basano su trame banali”. E per questo – continua l’attrice – bisognerebbe sostenere ancor di più quei film delicati e difficili che hanno difficoltà a vivere perché non hanno trama.
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