Con le magnifiche creazioni di Ursula Ferrara e un’imponente quantità di materiali d’archivio, La Passione di Laura di Paolo Petrucci, oggi tra gli eventi speciali al Festival di Roma, è un sincero, vibrante omaggio a Laura Betti e Pier Paolo Pasolini, la coppia più bella e impossibile del cinema italiano, una coppia non dichiarata ma sotto gli occhi di tutti.
Il documentario, prodotto da Angelo Barbagallo e distribuito da Cinecittà Luce, parte dall’infanzia dolorosa di Laura Trombetti, nella Bologna degli anni ’30, quando stare in collegio dalle suore era per lei meglio che stare a casa, perché dalle suore “non si dormiva mai e dormire è una perdita di tempo”. Bambina di carattere, destinata dalla famiglia borghese a un buon matrimonio a cui non approderà mai. Sbarcherà invece a Roma, gravitando attorno al ristorante Otello, tradizionalmente frequentato da scrittori e registi, facendo la civetta con tutti: così si farà regalare parole per le sue canzoni e un nome nuovo di cui poi lei farà un cognome, la Betti. Eccola ai suoi inizi, con la voce roca e seduttiva e i grandi occhi bistrati di nero messi al servizio del cabaret brechtiano. Di cui ben presto si stanca, per innamorarsi del cinema e di Pier Paolo.
Le sue parole si mescolano a quelle dei tanti testimoni e amici: Bernardo Bertolucci, soprattutto, che lei chiamava beffardamente “La Bernarda” e con cui ebbe una liaison in cui lui si sentiva un “toy boy”. Amava l’inversione dei sessi e l’unico a cui lasciò sempre il privilegio del maschile fu proprio Pier Paolo, l’uomo della sua vita, a cui poi dedicherà ogni suo sforzo e passione dopo la tragica fine. Dalla morte del poeta nel ’75 alla sua, avvenuta nel 2004 per obesità mai curata, animerà la Fondazione, proseguirà l’incessante ricerca della verità sull’omicidio, si infurierà ogni volta che le sue parole venivano citate a sproposito e superficialmente, realizzerà un film, Le ragioni di un sogno.
Tragica ed estrema, ma anche bambina folle e sotto la scorza indifesa, Laura non ci fa mancare episodi bizzarri e divertenti, come quello della Coppa Volpi vinta a Venezia con Teorema nel ’68. Mentre Pasolini boicottava il festival, lei lo avvertiva decisa e spavalda: “Guarda che se vinco, vado a ritirarla, non ti illudere”. Ma anche il poeta viveva quella stagione contestataria in modo contraddittorio, seppure meno sfacciato di Laura. E infatti invitò i critici ad abbandonare la sua proiezione, ma quando uscirono solo quelli dei Cahiers che volevano bloccare tutto, lui si oppose: “Se qualcuno è rimasto per vedere Teorema, è giusto che lo vedano”.
Laura Betti, amata in Francia quanto in Italia (basta sentire come ne parla l’ex ministro della Cultura Jack Lang), ha lavorato con molti dei più grandi: Bertolucci, Bellocchio, i Taviani, Gianni Amelio, Ettore Scola… Con Bertolucci non è stata solo quella piccola Lady Macbeth che è la fascista Regina, ma anche la Miss Blandish di Ultimo tango a Parigi personaggio poi tagliato per via della censura.
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