Nel 2002, Christine McPherson (autoribattezzatasi ‘Lady Bird’) è una studentessa dell’ultimo anno di un liceo cattolico della periferia di Sacramento. Vive con i suoi genitori, con cui non ha un bel rapporto, suo fratello maggiore (che è stato adottato) e la sua ragazza. Ha una migliore amica grassa e meno carina di lei, che le vuole però sinceramente bene. Si iscrive a una classe di teatro, si innamora e va incontro alle delusioni della vita, sognando di volare verso New York. Il racconto dell’anno che passa tra l’estate del 2002 e quella del 2003 è il semplice fulcro narrativo di Lady Bird, grazioso esordio alla regia di Greta Gerwig, fino a oggi solo attrice e sceneggiatrice (la si ricorda come interprete in Jackie di Larrain, mentre ha fatto parlare di sé come sceneggiatrice con Mistress America) con Saoirse Ronan (Amabili resti, Grand Budapest Hotel, Brooklyn) nei panni dell’adorabile adolescente contro tendenza. E’ un momento di storia personale, naturalmente, che ricorda tanti altri film con tematiche analoghe e protagonisti in varie fasi dell’età puberale (si può pensare a Juno, o a Scott Pilgrim o a Donnie Darko, anche se con risvolti più realistici e meno fantasiosi, oppure al cinema di John Hughes, con omaggi diretti a Bella in rosa) ma anche e soprattutto il quadro deciso eppure delicato di un momento particolare della storia americana, appena uscita dal trauma dell’11 settembre e proiettata verso la crisi, dove è necessario, per sopravvivere, cercare non ‘La Grande Bellezza’ ma le piccole schiarite, il bacio con il ragazzo che ci fa battere il cuore, la vista del vecchio ponte al tramonto, la recita scolastica, la speranza di un lavoro o di un posto all’università, che sostengono la protagonista in uno dei momenti più difficili della vita di un individuo, quando si sta trasformando in persona adulta. La pellicola è stata distribuita nelle sale cinematografiche statunitensi a partire dal 10 novembre 2017 mentre in Italia arriva il 1º marzo.
E’ un piccolo caso: sul sito aggregatore ‘Rotten Tomatoes’ ha ottenuto il 100% delle recensioni professionali positive con un voto medio di 8,9 su 10 basato su 187 critiche, stabilendo un nuovo record, detenuto in precedenza da Toy Story 2. E ha vinto ai Golden Globes nella categoria categoria miglior commedia o musical, oltre che per la prova dell’attrice principale. Per Gerwing è una specie di autobiografia: “Ci sono alcune cose nel film che sono collegate a me – ha detto in un’intervista a ‘Popsugar – Celebrity’ – ma tutto è stato romanzato e risistemato. Mia sorella ha visto il film e ha immediatamente riconosciuto cosa è reale e cosa no, e sa anche capire cosa ho magari preso da qualcuno e dato a qualcun altro. Quando la tua famiglia guarda qualcosa che hai fatto, chiaramente sa tutto. Però la verità è che io non ero per niente come Lady Bird. Non mi sono mai fatta chiamare con un altro nome e ho passato subito gli esami per la patente, ero più una che seguiva le regole e cercava di far contenti gli altri. Volevo sicuramente essere riconosciuta e mi avrebbe distrutto non riuscirci, ma il film è come un esorcismo per I miei demoni o qualcosa a cui non ho sempre accesso, come descrivere la versione più libera di me, è una cosa che sento molto personale e che ha un punto nodale molto legato a me, anche se non si tratta esattamente degli eventi che hanno coinvolto la mia famiglia e io non ero esattamente come Lady Bird”.
Gerwig è passata ultimamente alle cronache per essersi espressa contro Woody Allen, con cui ha lavorato in To Rome with Love, nel momento in cui sono riemerse per lui accuse di molestie sessuali: “E’ una cosa che considero in modo molto seria – ha detto – e su cui ho pensato con attenzione, e sono arrivata alla conclusione che posso parlare solo per me stessa ma penso che se avessi saputo allora quello che so ora non avrei recitato nel film. Non ho più lavorato con lui e non lo farò in futuro”.
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