Una volpe e una bambina si scrutano. Un attimo sospeso di stupore. L’animale selvatico infrange le regole e acconsente per un secondo a comunicare con un essere diverso e un mondo altro. Inizia con uno sguardo di pura contemplazione l’opera seconda del regista-biologo Luc Jacquet, La volpe e la bambina, che dopo aver documentato la sfibrante e straordinaria Marcia dei Pinguini tra i ghiacci dell’Antartide verso il luogo più adatto in cui far nascere i piccoli ci rivela, questa volta con una storia di finzione, le meraviglie celate nella natura più vicina. E in questo fa una scommessa: se potrebbe essere facile incantare il pubblico con un paesaggio inusuale e irraggiungibile è certamente più difficile far sognare di fronte al conosciuto. “Ho preferito a un paesaggio selvaggio una natura in cui ci siano i segni della presenza umana”, ha dichiarato il regista che abbiamo incontrato all’Ambasciata di Francia a Roma. La Lucky Red (che già aveva distribuito i pinguini, vincitori anche di un Oscar per il miglior documentario) lo farà uscire venerdì 21 marzo in 300 copie. Raccontato dalla voce di Ambra Angiolini, nell’edizione italiana, girato nel Giura francese e nel Parco Nazionale d’Abruzzo, il film sarà accompagnato da un Atlante rilegato sui suoi paesaggi e da due libri Mondadori.
Prosegue il regista: “Sono convinto che la convivenza tra uomo e natura sia possibile, anche se al momento è in serio pericolo”. Un piacere accessibile a tutti che si concede però solo all’essere umano che di fronte alla natura si immobilizza, cercando quasi di annullare la propria presenza, e lascia posto a nuove prospettive in cui la bellezza di ogni singolo dettaglio diviene protagonista. “Non c’è bisogno di andare lontano per stupirsi, è solo questione di come si guardano le cose”, rivela il regista che per la pellicola ha tratto ispirazione da un’esperienza infantile vissuta in prima persona. Anche se poi ha preferito affidare il ruolo che fu suo a una bambina: “A dieci anni i maschietti si credono più forti, sono in preda al desiderio di impossessarsi delle cose. L’approccio femminile è più in sintonia con lo stupore e la disponibilità ad ascoltare ed è più incline a sedurre che a dominare”.
Non condividendo il linguaggio e non avendo gli strumenti intellettuali per comunicare, il rapporto tra uomo e animale rientra nel campo dell’intuito e coinvolge molto l’aspetto emotivo. Gli animali hanno la capacità di avvertire gli stati d’animo umani e dunque il contatto che si instaura è una forma di apprendimento che implica una specie di seduzione: “Un approccio affascinante – spiega Jacquet – perché porta al di là delle certezze del sapere verso territori sconosciuti”. Cercare di capire l’universo degli animali è in realtà un modo per esplorare le radici dell’essere umano e per cogliere cosa si cela in ciò che non può essere delineato o definito con le parole. Nel dominio della ragione e della razionalità la natura resta per i bambini l’ultimo regno del disordine da esplorare, come sostiene lo psichiatra infantile Marcel Rufo secondo il quale l’animale selvatico rappresenta l’archetipo del caso e di ciò che non è stato visto da altri.
Ma al di là dello spirito di esplorazione e stupore che pervade la pellicola, nella Volpe e la bambina c’è soprattutto la coscienza della contraddizione tra amore e possesso che si cela nel voler dominare un animale che si ama: la scena più straziante del film nasce proprio dal tentativo della bambina di trattenere nella propria stanza la volpe. Contraddizione che rimane se si considera che proprio la pellicola che parla del rispetto del limite da non superare ha richiesto, per poter essere realizzata, l’utilizzo di numerose specie animali addomesticate. “E’ un limite, ma non sarebbe stato possibile realizzare questo tipo di film e non avrei potuto mostrare al grande pubblico una natura che non hanno mai visto o che probabilmente non vedranno mai”, ammette il regista che per convalidare l’autenticità delle scene raccontate sottolinea di aver utilizzato anche animali selvatici e averli scelti soprattutto per le inquadrature in primo piano perché, dice, hanno tutto un altro sguardo.
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