Solo sette – meravigliosi – brani per un totale di trenta minuti di musica, ma che compongono “uno dei punti più alti della musica italiana, non solo leggera. Dopo tanti esperimenti, Franco Battiato concentra lì la sua essenza”. Lo dice Morgan dell’album La voce del padrone, che è al centro del documentario di Marco Spagnoli che sarà dal 28 novembre al 4 dicembre in oltre 200 sale in tutta Italia con Altre storie, dopo la presentazione al Taormina Film Fest di quest’estate. Un’uscita-evento insolita, che dura una settimana anziché i canonici tre giorni, “perché crediamo possa trovare il proprio pubblico anche nel fine settimana – dice Cesare Fragnelli di Altre storie – e vogliamo dare a questo film la maggior visibilità possibile”.
Con Franco Battiato – La voce del padrone, Spagnoli mette insieme un gran numero di interviste e immagini di repertorio per ritrovare e approfondire, 40 anni dopo, il cuore e la vibrazione di quel magico album che fece furore nell’estate del 1982, perché “un documentario su Battiato tout court sarebbe stata un’impresa monstre e mi spaventava, così ho scelto quel disco così importante e ho intrapreso, grazie a una guida speciale come Stefano Senardi, un viaggio fisico e sentimentale da Milano a Milo per realizzare un racconto celebrativo ma anche intimo”. Un percorso attraverso il quale si analizzano nel dettaglio alcuni brani, in cui si spiega che Battiato, prima di quel disco, decise scientificamente di fare successo e, verso il finale, si accenna anche alla sua esperienza da regista cinematografico. Tra i tanti, compaiono i volti di amici, collaboratori e ammiratori del cantautore siciliano come Caterina Caselli, Carmen Consoli, Willem Dafoe, Paolo Buonvino, Vincenzo Mollica, Eugenio Finardi, Nanni Moretti (che nel suo Palombella rossa intona E ti vengo a cercare, dall’album Fisiognomica), buona parte della band con cui registrò l’album (Radius, Scolese, Destrieri e Pascoli) e, appunto, Morgan, che è stato amico e collaboratore di Battiato e ha presentato il film a Roma.
“Nel 2013 – racconta il cantante – ero andato a sentire Cacciapaglia, quella sera è stata l’ultima volta che ho avuto relazioni lucide con Franco, che poi è entrato in una dimensione diversa. La mia relazione con Battiato è iniziata nel 1995 e per una decina d’anni c’è stato un rapporto di collaborazione e amicizia intenso. Prima avevo un rapporto forte con la sua musica: ho continuato nel tempo a comprare La voce del padrone. Papà me lo prese quando avevo 8 anni in una bancarella, ma non era originale, perciò comprai l’originale, poi la cassetta, il vinile, il cd, poi la versione rimasterizzata. Ne ho tantissimi a casa. Lo conosco benissimo quel disco, mi ha nutrito sin da bambino”.
Morgan – che nel doc compare mentre suona e canta Battiato e analizza Cerco un centro di gravità permanente, spiegando che il musicista cercava proprio il centro della canzone – sottolinea che Battiato è “il più grande musicista del ‘900. Quando l’ho conosciuto – aggiunge – aveva più di 50 anni, era già un mito e faceva dischi con freschezza e passione meravigliosi. Ed era disciplinato. Era un’esplosione di creatività in un recinto di disciplina che aveva creato lui stesso. Se posso essere utile nell’epoca post-Battiato, credo che vada fatto conservando la sua indicazione musicale”.
Ad accompagnare lo spettatore nel percorso del film – prodotto da RS Productions, Altre storie e It’s Art, piattaforma su cui in seguito arriverà – c’è, appunto, il discografico Stefano Senardi, che fu grande amico del cantante. “La voce del padrone è stato un album spartiacque della musica in Italia e Franco Battiato un uomo e artista che ha saputo sedurci con il pop e poi portarci verso mondi lontanissimi. Questo viaggio è stato per me un sogno – dice – Non avevamo scritto nulla, sono andato dove mi spingeva il cuore. Ho visto Franco quando non stava bene e avevo paura di tornare a casa sua dopo la sua scomparsa, ma man mano che mi avvicinavo a Milo, trovavo un senso di normalità, mi sono sentito a casa”. “Franco Battiato è stato un anticonformista sia come uomo che come musicista – conclude Morgan – Era un uomo di idee, non necessariamente solo musicali, una mente che rielaborava tutto e buttava fuori delle invenzioni che bisognava saper cogliere. L’Italia di oggi, invece, non coglie le idee. Regna sovrana la paura delle idee, e la musica non ha idee”.
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