Nell’estate del suo diciottesimo compleanno, Giulio (Lorenzo Aloi) ha deciso di passare le vacanze a casa, insieme ai suoi affettuosi genitori (Elisa Di Eusanio e Paolo Ricci) che aiuta in cucina e nei lavori in campagna. Nel casale vicino, da molto tempo disabitato, arriva una macchina, forse sono tornati i proprietari. Poco dopo Giulio incontra Lia, una ragazza scontrosa e disinibita, aggressiva e sfuggente ma fascinosa, che sembra nascondere un segreto. E’ lei a guidare il gioco e dettare le regole del loro rapporto in modo perentorio. Giulio è il classico bravo ragazzo, educato e un po’ imbranato e si innamora di lei. Ma i giochi si fanno sempre più pericolosi e Lia, che ha detto di essere venuta da sola nella vecchia casa di famiglia, dove non tornava da quando era bambina, non permette a nessuno di avvicinarsi alla sua dimora dove davvero sembra ci sia qualcun altro con lei.
La Lia di Irene Vetere (Notti magiche di Paolo Virzì) che per questa interpretazione ha vinto i Fabrique du Cinéma Awards 2021, è un personaggio estremamente intrigante, una ventenne che non si lascia domare o controllare, che tiene in mano le redini. E’ lei la protagonista dell’intensa opera prima di Beatrice Baldacci, realizzata nell’ambito di Biennale College (programma che accompagna giovani autori nello sviluppo e la realizzazione di lungometraggi a micro budget). Un piccolo film che si è fatto notare alla Mostra di Venezia e successivamente ad Alice nella Città, dove ha vinto il Premio Raffaella Fioretta per il Cinema Italiano. Prodotto da Andrea Gori e Aurora Alma Bartiromo – in collaborazione con Rai Cinema e NABA-Nuova Accademia di Belle Arti – per Lumen Films, sarà distribuito nelle sale italiane da PFA di Pierfrancesco Aiello dal 28 aprile.
Per la regista, che ha scritto la sceneggiatura con Edoardo Puma, “la ‘tana’ non è un luogo concreto e reale, ma quello spazio dove andiamo a nasconderci quando non stiamo bene. E dove speriamo che qualcuno ci venga a cercare”. E spiega: “Abbiamo cercato di svelare il mistero dei personaggi pian piano, proprio come loro fanno nel percorso di scoperta di sé”.
Il carattere ruvido e intrattabile di Lia non è senza giustificazione. C’è un uomo misterioso che raggiunge la ragazza al casale tutte le sere. C’è una madre da accudire. E ci sono ricordi di giorni felici ora perduti. “Nel nostro film – spiega la regista – da una parte c’è la giovinezza, dall’altra la malattia. La natura guida i giovani protagonisti come simbolo di qualcosa che muore ma rinasce sempre ed è anche ciò che porterà Lia a fare la scelta finale nel film”. Tra i temi toccati anche quello, cruciale e controverso, del fine vita ma è meglio non svelare i meccanismi del plot che si propone anche come un rebus esistenziale.
Da segnalare che La tana nasce dal corto documentario Supereroi senza superpoteri (menzione speciale Fedic come miglior cortometraggio della Mostra di Venezia, sezione Orizzonti, nel 2019) dove l’autrice utilizzava immagini di filmini familiari per raccontare il rapporto con una madre malata.
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