La solitudine nelle opere prime, tra Francia e Polonia


VENEZIA – Si può vivere circondati da mille persone o da una natura ricca e selvaggia, e sentirsi soli allo stesso modo. Il tema del viaggio attraverso i deserti umani, sociali e relazionali è molto presente in questa 68/a Mostra di Venezia. Ce lo ha dimostrato ieri anche Gipi con L’ultimo terrestre, e ce lo dimostrano diverse pellicole delle Giornate degli Autori.

 

Il franco-belga L’hiver dernier, opera prima del regista statunitense John Shank, mette Joahnn, un ragazzo solitario e devoto al suo duro lavoro nella fattoria, alla prova delle difficili relazioni familiari e di un’eredità ardua da gestire. Il padre gli ha lasciato tutto il suo mondo: vacche, cavalli, stalle da accudire, e un legame profondo e istintivo con la natura. Questo mondo lo esalta e allo stesso tempo lo opprime, se ne sente padrone ma anche schiavo. “Il mio scopo non era tracciare un ritratto accurato della realtà sociologica del mondo rurale di oggi – ha dichiarato il regista – Ho voluto mostrare le realtà di questo mondo, la sua geografia, il suo spazio, ma anche il posto che l’uomo e la natura vi trovano, per tirar fuori il profondo conflitto interno che scorre nelle vene di Joahnn”. Nei panni del protagonista c’è Vincent Rottiers, giovane e talentuosissimo interprete francese che si è già portato sulle spalle film notevoli come Qu’un seul tienne et les autres suivront e Je suis heureux que ma mère soit vivante (ha anche un piccolo ruolo in Love and Bruises accanto a Tahar Rahim) e ha una carriera ormai lanciatissima. Presto infatti sarà sul set di Renoir, la source di Gilles Bourdos: nel film che rievoca i rapporti tra il padre pittore Auguste e il figlio cineasta Jean, in cui Rottiers vestirà i panni di quest’ultimo.

 

“Per L’hiver dernier ho dovuto imparare ad avere a che fare con mucche e cavalli e con la dura vita dell’allevatore – ci ha detto l’attore – Non è stato facile arrivare lassù in quel posto sperduto, in balìa del freddo e del vento, ma le difficoltà fisiche mi hanno aiutato a gestire meglio il ruolo”. Forse è anche per queste fatiche, fisiche e mentali, che ora Rottiers vuole passare ad altro: “Mi piacerebbe sperimentarmi in una commedia, o anche partecipare a un film che racconti i movimenti dei giovani che in questo periodo stanno cercando di fare la rivoluzione”. 

 

L’esordiente polacco Leszek Dawid, invece, posa il suo sguardo maschile sui passi incerti e contraddittori di una donna, Ki/Roma Gasiorowska, che sembra vivere il figlio come un fardello che pesa sulla sua libertà. E’ giovane e volitiva, forse troppo; ama il suo bambino ma non riesce a rinunciare ai suoi spazi. “Mi interessava più di tutto avvicinarmi alla verità della vita – dice il regista – senza tesi precostituite e senza giudizi. Nel film io cammino con Ki, è lei che racconta quanto sia difficile essere donna, io l’ho solo seguita nel suo viaggio”.

Nello stare “addosso al personaggio”, Dawid dice di essersi ispirato allo stile di Darren Aronofsky, e al suo modo di vedere la realtà attraverso gli occhi dei suoi protagonisti, soprattutto in The Wrestler, che vinse qui a Venezia. “Questa donna, che può affascinare e respingere allo stesso tempo, rappresenta qualcosa che molti di noi tendono a nascondere, compreso me. Lei non nasconde dei desideri e dei sentimenti che sono comuni a tutti, forse è questo che può metterci a disagio”. Il regista, intanto, ha già realizzato la sua opera seconda, su una band degli albori dell’hip hop e sul suicidio di uno dei suoi componenti. 

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09 Settembre 2011

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