La solidarietà ha il sapore delle tagliatelle


VENEZIA. Ha ragione una delle testimoni, Luciana Viviani, quando nel film documentario Pasta nera (Controcampo italiano) afferma che “questo è un Paese che ogni tanto ha bisogno di ricordarsi che ha fatto delle cose bellissime”. E la cosa bellissima è una storia di solidarietà, nell’Italia del dopoguerra ferita dal conflitto, narrata dal regista Alessandro Piva, produttore del’opera con Seminal Film insieme a Cinecittà Luce che lo distribuisce. Intanto Pasta nera andrà in onda sabato 10 settembre, ore 24.00, su Rai Storia, canale del digitale terrestre e TivùSat.

Tra il 1946 e il 1952 più di 70mila bambini di quel Meridione, segnato da una povertà antica, furono ospitati da alcune famiglie del Centro Nord, supplendo talvolta all’insufficienza delle istituzioni. Protagonisti di questa straordinaria vicenda sonol’Udi-Unione donne italiane, l’associazione femminile della sinistra, e i tanti comitati locali. Pasta nera ricostruisce quella stagione sia attraverso i documentari e i cinegiornali dell’archivio Luce e gli altri archivi pubblici e privati; sia grazie alle testimonianze di quei bambini ora divenuti anziani, di coloro che li ospitarono e delle donne che organizzarono quel viaggio della speranza da Sud a Nord.

“Quei bambini che avevamo accompagnato su che erano come degli scheletrini, quando tornarono avevano cambiato aspetto e avevano il ricordo dell’Emilia, come fosse stata la terra di Bengodi. Invece era il luogo dove famiglie di operai e contadini comunisti li avevano aiutati ad uscire da un condizione di miseria che avrebbe potuto distruggerli”, ricorda Miriam Mafai, all’epoca organizzatrice di quel trasferimento.
Luigina, allora 13enne, restituisce con immediatezza il clima politico e culturale di quell’Italia uscita dal fascismo: “Dicevano: ‘Andate in Alta Italia? Attenti, che quando arrivate i comunisti vi trasformano in sapone!’. Allora spaventata dissi: ‘Io non ci vado più’. Mio fratello e mia sorella invece, che erano più piccolini, dicevano: ‘Andiamo, andiamo col treno! Non l’abbiamo mai preso il treno’. Americo ricorda come al ritorno nel suo paese pugliese rimpianse quella ‘vacanza’ : “Lassù era un mondo a colori, quaggiù era un mondo in bianco e nero”. E qualcuno scelse anche di rimanere, anche perché i bambini vennero trattati da pari, come familiari aggiunti.

 

Ma come è nata l’idea di Pasta nera? Durante uno speciale tv sulle lotte bracciantili del secondo dopoguerra in Puglia, Piva viene a sapere da Severino Cannelonga, uno degli intervistati, di quel trasferimento da San Severo, insieme ad altri bambini come lui, presso alcune famiglie di Ancona che li avrebbero nutriti e ospitati. Da questa suggestione nascono il libro ‘I treni della felicità’ del ricercatore Giovanni Rinaldi e il film di Piva.
Un primo sostegno viene dal Progetto Casa Di Vittorio, Piva comincia così a raccogliere le voci dei protagonisti, le fotografie private e quelle degli archivi di Napoli e Roma e poi i materiali delle Udi emiliane,  dell’Aamod e delle Ferrovie dello Stato. Ma anche filmati di famiglia dell’archivio Home Movies. Una ricerca preziosa condotta da Vania Cauzillo tra archivi ben tenuti e in altri gestiti in modo artigianale che rischiano di andare persi come è il caso dell’archivio del Partito comunista.

 

“Le nostre interviste andavano innestate sulle immagini di repertorio dell’epoca, così scrivemmo a Cinecittà Luce, illustrando il progetto a Luciano Sovena e chiedendogli l’uso del materiale d’archivio. La sua risposta immediata e entusiastica ci ha permesso di concludere in pochi mesi un lavoro che era in corso da diversi anni a causa delle scarse risorse e della volontà di svolgere un’indagine esaustiva”, sottolinea l’autore.
Per l’AD di Cinecittà Luce lavori come Pasta nera confermano la forte ripresa del documentario che racconta quegli avvenimenti della nostra storia poco o mai narrati, nonché il passaggio dal documentario pedagogico a quello d’autore.

Il materiale d’archivio restituisce così il clima dell’Italia postbellica, i cinegiornali si alternano alle testimonianze dei protagonisti, senza che ci sia bisogno di una voce fuori campo. Il commento musicale è affidato invece a un coro di voci bianche che accompagna le immagini con alcune filastrocche e insoliti mormorii di bambini.
E il titolo? La ‘Pasta nera’ era allora il cibo della disperazione, fatto con pochissimi chicchi di grano arso, l’ultima risorsa per nutrirsi in un sud poverissimo. Quei bambini scoprirono con il loro viaggio un’altra alimentazione non di pura sussistenza. L’impasto delle tagliatelle emiliane divenne il ricordo, il simbolo della miseria lasciata alle spalle.

autore
06 Settembre 2011

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