Un uomo, una donna e due pareti completamente bianche, ad eccezione delle sequenze di polaroid affisse su entrambe. A prima vista potrebbe trattarsi dello studio di un casting director che pensa e ripensa ai possibili volti richiesti dalla sceneggiatura di un film. E invece niente di tutto questo: si tratta delle foto degli ex amanti di Sandra (Lucie Debay) e Rémy (Lazare Gousseau) – questi i nomi dei due protagonisti – con i quali devono tornare a letto ancora una volta secondo la prescrizione del loro terapeuta, per superare la strana “sindrome” che li avrebbe colpiti.
Dopo La folle vita (2020), in cui Ann Sirot e Raphaël Balboni affrontavano in chiave altrettanto originale il tema a forte impatto sociale della demenza e i suoi contraccolpi sul rapporto di coppia, con La sindrome degli amori passati i due registi belgi puntano infatti dritti al cuore di un’altra problematica, che attanaglia un numero incredibilmente alto di coppie borghesi contemporanee: il fatto di non riuscire ad avere figli.
L’unica soluzione praticabile per i nostri eroi, che a detta del luminare psico-ginecologo soffrono dell’improbabile “sindrome degli amori passati”, è quella di andare a ricercare uno ad uno i propri ex di tutta la vita per fare sesso ancora una volta con ognuno di loro, e lo ‘sblocco’ di entrambi sarà assicurato. Ma sarà davvero così?
La cosa che possiamo dire è che da questo momento in poi, a partire da quella stessa stanza vuota nella penombra, i due protagonisti mettono alla prova se stessi e la loro vita, esplorando situazioni inizialmente reputate inconcepibili, e sfidando non sempre facilmente i loro tabù, pur se diversi, ma presenti sia in lui che in lei: il tutto in un gioco di immagini esteticamente ricercatissimo, che rende essenzialmente onirico (anche in senso psicoanalitico) il sapore del film tutto.
Alternata a una serie di dialoghi che dipingono la più intima e fragile umanità di Sandra e Rémy, che a qualcuno potrebbero evocare una certa poetica tagliente di Giorgio Gaber, gira come un turbine la giostra di emozioni che accompagnano il loro nuovo modo di concepire le relazioni e la sessualità. Senza lasciare spazio a quadretti già fritti e rifritti e sottolineata alla perfezione dalla colonna sonora, che a sorpresa, tra ritmi e generi opposti che si susseguono, pesca dal cilindro niente meno che Immensità, del cantautore torinese Andrea Laszlo De Simone.
Forse a eccezione di qualche eccessiva manciata di minuti ripetitivi nella parte centrale, il racconto scorre avvincente e divertente, sorvolando con coraggiosa leggerezza su argomenti di estrema profondità, evitando facili tuffi in scontate, superflue e ripetitive scene di sesso, fino al finale assolutamente sorprendente.
Prodotto da Hélicotronc e Tripode Productions e distribuito da Wanted Cinema, La sindrome degli amori passati è una commedia intelligente e romantica, che si interroga e ci interroga sull’intricato intreccio tra amore, desiderio, sesso e famiglia, con tutti i dogmi e i dilemmi che esso porta con sé.
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