‘La scomparsa di mia madre’ in sala dal 10 ottobre

Dopo la presentazione all'ultimo Sundance esce il film di Beniamino Barrese che racconta la scelta di isolarsi da parte della madre Benedetta Barzini, modella e icona degli anni '60, musa di artisti


Dopo la presentazione all’ultimo Sundance e un percorso festivaliero (da Copenhagen a Boston, da Shanghai al London Film Festival), La scomparsa di mia madre di Beniamino Barrese arriva nelle sale italiane dal 10 ottobre con Reading Bloom e Rodaggio. Modella e icona degli anni ’60, Benedetta Barzini è stata la musa di artisti come Andy Warhol, Salvador Dalì, Irving Penn e Richard Avedon.

Negli anni ‘70 abbraccia da militante la causa femminista, diventando scrittrice e docente controcorrente di Antropologia della moda, in eterna lotta con un sistema che per lei significa sfruttamento del femminile. A 75 anni, stanca dei ruoli e degli stereotipi in cui la vita ha cercato di costringerla, desidera lasciare tutto, per raggiungere un luogo lontano, dove scomparire. Turbato da questo progetto – radicale quanto indefinito – suo figlio Beniamino comincia a filmarla, determinato a tramandarne la memoria. Il progetto si trasforma in un’intensa battaglia per il controllo della sua immagine, uno scontro personale e politico insieme tra opposte concezioni del reale e della rappresentazione di sé, ma anche un dialogo intimo, struggente, in cui madre e figlio scrivono insieme le ipotesi di una separazione, difficile da accettare e forse impossibile da raffigurare.

Spiega il regista Beniamino Barrese: “Che cosa ti resta da fare quando tua madre ti dice di volersene andare per sempre? Decidere di fare questo film è stato il mio tentativo di trovare una risposta. Ho ricominciato a filmare mia mamma come facevo da bambino, partendo dalle sue lezioni e guadagnando pian piano terreno, fino ad arrivare in quello spazio intimo in cui da sempre l’avevo conosciuta. L’ho fatto con e contro mia madre, sostenuto dalla fiducia che l’esposizione del nostro conflitto (personale ma anche politico) potesse essere un modo, per quanto paradossale, di celebrare quelle domande che non aveva mai smesso di pormi. Ora, alla fine di questo percorso, so di non essere riuscito, ancora una volta, a racchiudere mia madre in un’immagine capace di raccontarne l’autenticità – il valore per lei più importante tra tutti. Anzi, al contrario, ho capito finalmente che mia madre aveva ragione. Come lei spesso ripete, ‘ciò che veramente conta, è sempre invisibile’. L’essenza delle cose ha a che fare con la nostra esperienza, e sta sempre al di là di quello che è possibile rappresentare”.

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09 Ottobre 2019

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