La tragedia della prima guerra mondiale – di cui molto si parla in questi mesi a causa del centenario – fa da sfondo alla romantica vicenda raccontata da Patrice Leconte nel suo Una promessa, tratto dalla novella di Stefan Zweig Il viaggio nel passato, in sala con Officine Ubu dal 2 ottobre dopo lunga attesa (era fuori concorso alla Mostra di Venezia 2013). Ma la guerra è un fondale molto distante e sfumato se non nell’ultima scena, che si svolge alcuni anni dopo la fine del conflitto: il passaggio di una parata di veterani ci fa intuire il clima politicamente arroventato che porterà di lì a poco in Germania all’affermazione del nazismo.
Spiega Leconte: “Non volevo che la prima guerra mondiale, che era alle porte nel 1912, quando inizia la vicenda, prendesse il sopravvento su quello che mi sembrava più importante: i sentimenti che uniscono i due personaggi. Questi sentimenti si evolvono in una bolla emotiva che sembra anestetizzarli contro gli eventi esterni”. E aggiunge: “Non ho inventato nulla, perché Zweig nel suo racconto non mostra la guerra più di quanto facciamo noi”. In effetti l’autore è interessato a mettere in scena appunto il desiderio inespresso, fatto di sguardi e di minimi dettagli, quasi sempre vissuto alla presenza di un terzo incomodo. Tale è il desiderio che unisce Friedrich, un ragazzo di umili origini, impiegato in un’acciaieria, e la giovane moglie del proprietario, Lotte. Suo marito, il vecchio Herr Hoffmeister, debole e malato di cuore, trova nell’ambizioso e dotato collaboratore il suo braccio destro. Ben presto lo invita a diventare il suo segretario particolare e a trasferirsi addirittura a casa sua. Naturalmente nella grande dimora borghese si accende un amore segreto e non confessato. Ma quando Friedrich viene inviato in Messico dal principale a seguire i lavori di una miniera, i due giovani si dichiarano, rendendosi conto di non poter stare lontani. E si scambiano una promessa.
“Il romanzo di Zweig – spiega Leconte, autore di film memorabili come Il marito della parrucchiera e L’uomo del treno – pone una grande domanda: il desiderio può sopravvivere al passare del tempo?”. Se nel libro la risposta è decisamente negativa, con un finale raggelato, la sceneggiatura di Jérôme Tonnerre apre uno spiraglio, pur mostrando l’estraneità che si è impadronita dei due innamorati, dopo molti anni di distanza, molte lettere infuocate e poi un lungo silenzio quando la guerra taglia i contatti tra i continenti. “Per il cinema – dice ancora il cineasta francese – senza volere un lieto fine, abbiamo dovuto dare al loro ricongiungimento un po’ di cielo azzurro, un barlume di speranza per il futuro”.
Nei tre ruoli troviamo un cast azzeccato. Rebecca Hall, vista nel film di Woody Allen Vicky Cristina Barcelona, Richard Madden, famoso grazie alla serie Il trono di spade, e Alan Rickman, che dà alla figura di Herr Hoffmeister la giusta dose di ambiguità e malinconia. Ma perché un regista francese ha girato in inglese una storia tedesca scritta da uno scrittore viennese? “All’inizio pensavo che una coproduzione tedesca in lingua tedesca fosse l’unico modo rispettoso per adattare questo libro. Ma ho capito subito che girare in una lingua che non parlo per niente era semplicemente folle. Dal momento che usare il francese sarebbe stato assurdo, i miei produttori hanno suggerito un cast anglosassone e dunque una lingua, come l’inglese, che risulta universale”. Prossima tappa per il prolifico autore francese è Un’ora di tranquillità, una commedia con Christian Clavier e Carole Bouquet che uscirà in Francia a Natale.
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