La MTV Generation nella ‘Vergine Padana’ di Maddalena Merlino

Un corto sperimentale per il racconto di una generazione, quella dell’autrice, cresciuta guardando la musica in tv, con la sua potenza salvifica amplificata dai videoclip. L’anteprima assoluta a Torino, alla presenza della regista


Si può raccontare in due minuti una generazione? Maddalena Merlino, figlia della MTV Generation, cresciuta guardando la musica in televisione, l’ha fatto, con il suo corto sperimentale Vergine Padana, in anteprima assoluta a SeeYou Sound.

Il film breve è ispirato da un testo della regista stessa, pubblicato nel volume Ambulance Songs 2 a cura di Luca Bonaguidi e Salvatore Setola, e indaga la potenza salvifica della musica, amplificata dai videoclip, capaci di rendere ancora più immediato e universale il messaggio.

Un titolo, Vergine Padana, molto evocativo, poetico, onirico, che apparentemente è il polo opposto del dinamismo vivace di MTV: come nasce e cosa racconta?
C’è ovviamente molta ironia dietro a questo titolo. Qui sveliamo che giri tutto intorno a pezzo che parla di vergini ma in maniera ironica, e quindi è un po’ una sorta di gioco di parole: ‘padana’, poi, mi piaceva perché richiamava le mie origini, piacentine. Il film è sicuramente autobiografico perché parte da una mia visione, ma è anche abbastanza universale perché, alla fine, racconta l’impatto della musica in quel momento particolare, su una ragazzina di provincia. Il titolo è il primo che mi è venuto in mente.

In questo progetto c’è anche un ‘involucro’ interessante, mi riferisco alla locandina del film: qual è l’idea grafica e creativa, secondo che continuità col film?
Lo stesso tulle usato in tutto il film filtra l’immagine, in qualche modo simboleggia la distanza tra oggi e ieri, in qualche modo richiama alla vergine, al velo da sposa, e in qualche modo anche alla nebbia della Pianura Padana, non solo fisica ma anche interiore. La locandina l’ha realizzata il mio amico Giorgio Olivero, con immagini prese dal film stesso.

È interessante la scelta di un formato brevissimo per raccontare una generazione. Perché ha pensato che poco più di 2 minuti fossero il tempo più incisivo per questa sua storia?
Ho pensato mi piacesse mantenere il tempo dei primi videoclip. Sono andata a ritagliarmi il testo che avevo scritto, estrapolandone il succo e rendendolo come fosse un videoclip. Tra l’altro, la stessa estetica del film, anche un po’ naïf, vuole richiamare a quella dei primi clip musicali: negli Anni ’80 era un linguaggio totalmente nuovo, era veramente semplice, il più delle volte si limitavano a mostrare i cantanti o i gruppi, non c’erano delle storie. Negli Anni ’90 è stato un fenomeno gigantesco, con registi fenomenali, ma all’inizio era una cosa piccola, che dà il senso a quello che ho raccontato.

Da questa esperienza ‘breve’ non ha immaginato l’opportunità di un racconto cinematografico più ampio?
Mi piace sempre molto confrontarmi con le cose piccole, sono estremamente sintetica nella vita, mi piace proprio il cortometraggio e anche la libertà di sperimentare col linguaggio. Rendere questo racconto un film lungo vorrebbe dire strutturarlo maggiormente e forse non ho voglia. Però, sicuramente, è una generazione che in qualche modo meriti di essere approfondita, cosa che qualcuno in giro per il mondo ha già fatto.

In questi 2 minuti riesce anche a collocare un dialogo tra adolescenti di quella generazione e quelli dell’attuale, con la voce narrante di Anita Fresi, al debutto. Qual è il valore aggiunto della scelta del far parlare due mondi?
Anita è una ragazzina di provincia di oggi, brianzola, una violinista piena di talento, molto appassionata di musica, e con lei ho lavorato ‘a togliere’: non le ho detto per cosa sarebbe stato usato quest’audio, le ho detto di leggerselo un po’, senza nessuna indicazione, perché volevo capire come quelle parole risuonassero in una ragazzina di oggi; ed è stata ‘buona la prima’, cioè gliel’ho fatto leggere tre volte per sicurezza, ma sembrava l’avesse scritto lei. M’interessava proprio cogliere la sua esperienza rispetto a queste parole, perché sicuramente lei la musica la subisce in un modo molto diverso, adesso si è smaterializzata e l’esperienza del video non è più centrale, quindi c’è una visione diversa, eppure ha letto come se l’esperienza le appartenesse. Io credo ci siano esperienze comuni: il fatto di essere un’adolescente di provincia, ieri come oggi, ha delle similitudini, e l’Italia è spesso una grande provincia, che spesso crea cose importanti; la noia della provincia spesso crea la creatività.

Il cinema crea memoria e forse questo corto è anche un modo per non lasciar del tutto andare qualcosa della sua adolescenza? Ne ha nostalgia, conserva qualcosa di vivo in sé?
Io ho compiuto 50 anni, e non sono sicuramente un’adolescente, però l’adolescenza rimane il momento della vita che più mi affascina e m’interessa, perché è il momento in cui tutto sembra possibile, dello Sturm und Drang, della creatività, della ribellione: io credo sia un momento estremamente importante, mi piace tantissimo stare con gli adolescenti, persone interessantissime. Non è qualcosa da non lasciar andare, e qui torniamo alla verginità: io credo in quello che – citando a braccio – diceva William Blake, ovvero che bisogna guardare al mondo con occhi vergini nonostante l’esperienza. Questo vuol dire rimanere un po’ adolescenti, continuare a lasciarsi un po’ stupire nella vita. Mi è piaciuto essere adolescente, ma mi piace avere 50 anni oggi: sono molto curiosa verso il nuovo.

L’arrangiamento musicale e il sound design di Vergine Padana sono del DJ producer londinese Massimo Braghieri, anche lui cresciuto in quella Pianura Padana al contempo set e protagonista della storia. Merlino continua affermando che “in questo piccolo film l’audio è fondamentale, così mi sono affidata a Braghieri: è un musicista di professione, ci conosciamo da sempre, per cui lui conosce anche il mio mondo interiore; è nata come un gioco, è riuscito a farmi cantare, arrangiando il pezzo in chiave Anni ’80, infantile, armonizzando poi anche la voce narrante. Sono molto grata di questa collaborazione”.

Mentre la fotografia e il montaggio sono di Claudio Paletto, di cui il soundtrack elettrico dei titoli di coda. “C’è un piccolo antefatto personale – precisa la regista -, ovvero Claudio è il mio compagno nella vita: noi da vent’anni collaboriamo l’uno ai progetti dell’altra e con la splendida chitarra rosa di Hello Kitty che gli ho regalato al compleanno ha suonato una versione elettrica, un po’ distorta, da mettere sui titoli finali”.

Per Maddalena Merlino, “questo è un film molto personale, perché tutte le persone che hanno collaborato alla realizzazione del film sono a me molto care: con Massimo sono cresciuta, con Claudio vivo e Anita è la figlia della mia migliore amica da trent’anni, per cui ‘me la sono trovata quasi in casa’. Fortunatamente ero circondata da persone creative, per cui c’è stata subito sintonia con tutti”.

Vergine Padana, nella sezione Into The Groove di SeeYouSound 2024, viene presentato al Festival il 27 febbraio alle 18 al Cinema Massimo di Torino, alla presenza della sua regista, che ci tiene a dirsi “felicissima dell’anteprima al SYS: mentre realizzavo il film pensavo ‘sarebbe fighissimo mostrarlo al SeeYouSound, quindi per me è una soddisfazione, non avrei potuto desiderare anteprima migliore. SYS è un appuntamento imperdibile nell’anno cinematografico torinese, ed è il mio preferito. S’è chiuso il cerchio”.

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27 Febbraio 2024

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