PESARO – David Grieco riapre l’indagine sulla morte di Pasolini (è in corso di formazione una commissione d’inchiesta parlamentare, non senza polemiche) con La macchinazione, il film che il giornalista e regista romano, che da giovaninissimo fu collaboratore di Pier Paolo e fu tra i primi ad accorrere all’Idroscalo di Ostia, dedica alla morte del poeta. Se ne parla alla Mostra di Pesaro, che ha tributato all’autore un doveroso omaggio, “Pasolini pesarese”, culminato in una tavola rotonda a cui hanno preso parte, tra gli altri, Giacomo Marramao, Roberto Chiesi, responsabile del Centro Studi Pasolini, e Stefano Rulli, sceneggiatore del film di Marco Tullio Giordana Pasolini Un delitto italiano. A introdurre la discussione Bruno Torri che ricordato il rapporto privilegiato con il festival dove Pier Paolo nel 1965 tenne la famosa relazione sul cinema di poesia: “Lui stesso non esitò a definire Pesaro un luogo dello spirito”. E mentre il recital di Pierpaolo Capovilla dedicato a La religione del mio tempo ha animato le notti del Dopofestival, le prime immagini del film di Grieco hanno ricordato il mistero ancora irrisolto del suo omicidio con largo uso di materiali d’epoca: i Tg e le testimonianze.
Nell’opera di Grieco, che sarà preceduta a fine estate da un suo libro scritto per Rizzoli che riprende le tesi del film sviluppandole, Massimo Ranieri, grazie alla straordinaria somiglianza fisica, incarna l’autore di Uccellacci e uccellini. “Ricordo che una volta si incontrano a una partita di calcio e Pier Paolo si stupì, Massimo sembrava suo figlio”. La pellicola si concentra sul rapporto con Pino Pelosi (il giovane interprete Alessandro Sardelli è stato scelto tra non attori), e sui suoi legami con la malavita romana, legami mostrati anche nel Pasolini di Abel Ferrara che pure non cercava i colpevoli. “Ferrara mi aveva chiesto di collaborare alla sceneggiatura – racconta Grieco – ma non ho voluto, non mi andava di scrivere un testo su Pier Paolo che prescindesse dalla sua morte, da quella tragica notte del 2 novembre del 1975”. Per lui dietro quello scempio c’è un complotto che collega alle ricerche che Pasolini stava conducendo sulla morte di Enrico Mattei, sulla loggia massonica creata da Cefis. A quei “lampi sull’eni” rimasti incompiuti. Ma anche al furto della pellicola di Salò o le 120 giornate di Sodoma, l’ultima sua opera cinematografica. “Quando, la notte del 26 agosto, viene sottratto dagli stabilimenti della Technicolor il negativo di Salò, scatta una trappola mortale che vede la sinergia fra delinquenza comune, crimine organizzato e una criminalità politico-finanziaria che forse a tutt’oggi conserva larghe sacche di potere nel nostro Paese. Nella notte fra il primo e il due novembre del ‘75, Pasolini si reca all’Idroscalo per riavere il negativo del film. Ciò che in realtà si trova ad affrontare è una trama pianificata in ogni dettaglio da tanti complici volontari e involontari, tutti ormai indistinguibili, tutti ormai ugualmente colpevoli. Le verità ipotetiche sulla morte di Pasolini che circolano da anni sono tante. Pasolini è stato ucciso da Pelosi che ha fatto prima da informatore per il furto delle bobine di Salò e poi da esca per l’agguato all’Idroscalo. Pasolini è stato assassinato dalla famigerata Banda della Magliana. Pasolini è stato eliminato su ordine di Eugenio Cefis perché indagava sui loschi traffici del presidente di Eni e Montedison che avrebbe fondato la P2 e nel ‘62 fatto precipitare l’aereo di Mattei. Pasolini si è fatto uccidere e si è fatto Cristo pianificando il suo martirio nei minimi dettagli, come sostiene l’amico e pittore Giuseppe Zigaina”.
“Il film – sottolinea ancora Grieco, già autore di Evilenko – contiene alcune di queste intuizioni, la verità non è ancora venuta tutta a galla dopo 40 anni, ma ora stanno emergendo spontaneamente delle verità su chi siano stati gli esecutori e i mandanti. All’epoca è stato facile insabbiare la morte di Pasolini, ha prevalso quel marchio d’onta che pesava sull’omosessuale. Era un frocio e prima o poi gli sarebbe accaduto qualcosa di brutto”. E a proposito del metodo di lavoro aggiunge: “Il mio approccio è simile a quello di Oliver Stone in JFK, facendo delle forzature, ovvero collegando tra loro cose che apparentemente non sembrano collegabili. E questo solo il cinema può farlo”.
La macchinazione è una co-produzione Italia-Francia, prodotto da Propaganda Italia e To be continued Productions in associazione con la Lazio Film Commission, è scritto da Guido Bulla e David Grieco, è interpretato oltre che da Massimo Ranieri, da Libero De Rienzo, Roberto Citran, Milena Vukotic, Matteo Taranto, François Xavier Demaison e dal giovane Alessandro Sardelli. Fabio Zamarion è il direttore della fotografia.
Pesaro ha proposto anche un breve contributo video di Bernardo Bertolucci, tratto dal documentario di Simome Isola su Alfredo Bini, il produttore a lungo accanto a Pasolini. “Fellini, che lo produceva con la Federiz, aveva bocciato le prime immagini di Accattone dicendo che era un grande poeta ma non un regista. Io ero aiuto regista di Pier Paolo e pensai che Fellini avesse creato la Federiz per far fuori i nuovi registi geniali. Poi qualche settimana dopo spuntò Alfredo Bini e permise a Pier Paolo di finire il film e di crescere, di diventare un grandissimo regista”.
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