Uno dei documentari dell’anno, vincitore del Nastro d’Argento al Miglior Documentario, La macchina delle immagini di Alfredo C., di Roland Sejko prodotto e distribuito da Luce-Cinecittà, è il titolo scelto per chiudere la rassegna ‘Docu e Arena’ alla Casa del Cinema, mercoledì 14 settembre alle 20.30, a ingresso gratuito fino a esaurimento posti.
Un appuntamento, curato dal giornalista e critico Maurizio Di Rienzo, che dal 15 giugno ha proposto al pubblico romano il meglio della produzione di cinema del reale recente, un genere che sta conquistando pubblico e appassionati nei festival internazionali e nelle sale.
Il film di Sejko sarà introdotto da Di Rienzo insieme al direttore della Casa del Cinema Giorgio Gosetti, alla presenza del cast: il regista, l’autore del montaggio Luca Onorati, il compositore delle musiche, il maestro Riccardo Giagni, e il protagonista Pietro de Silva.
A partire da un clamoroso e misconosciuto evento storico, che coinvolse migliaia di italiani al termine della seconda guerra mondiale, e dal singolare destino di un tecnico del cinema, La macchina delle immagini di Alfredo C. regala una riflessione avvincente sul potere pervasivo della propaganda. E attraverso l’intreccio di straordinari filmati dell’Archivio Luce – un autentico protagonista del film – e di riprese originali affidate alla voce, al volto e al talento di Pietro De Silva, mette in scena un poema visivo sulla memoria e sulla responsabilità di chi crea immagini, e di chi le vede.
Aprile 1939. L’Italia fascista occupa l’Albania. Migliaia di italiani, operai, coloni e tecnici, vengono trasferiti nel paese. Novembre 1944, l’Albania è liberata. Il nuovo regime comunista chiude i confini e pone all’Italia decine di condizioni per il rimpatrio dei suoi concittadini.
Nel 1945 in Albania si trovano trattenuti ancora 27.000 italiani tra reduci e civili. Tra di loro c’è anche un operatore cinematografico.Alfredo C., operatore della propaganda fascista, ha girato per cinque anni l’Albania con la sua cinepresa. Prima, per quasi un ventennio, ha immortalato la capillare macchina del regime. Ora, da un giorno all’altro, deve fare lo stesso, ma per un regime comunista.Chiuso nel suo magazzino, circondato da migliaia di pellicole, Alfredo C. rivede su una vecchia moviola quello che ha girato. La sua storia.
È il suo film quello che vediamo. E forse, non solo il suo.
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