Al cinema dal 22 ottobre con Satine Film la commedia sofisticata e agrodolce di Michel Leclerc con Leïla Bekhti, Eduard Baer, Ramzy Bedia, Baya Kasmi (anche co-sceneggiatrice) e Tom Levy, sul divario e sul pregiudizio sociale raccontata attraverso la vicenda personale di Sofia e Paul, una coppia di genitori che sceglie di trasferirsi dalla città alla periferia per far crescere i propri figli secondo ideali di apertura all’ integrazione, alla diversità e al mix culturale.
Succede però che il loro amato figlio chiede di iscriversi a una scuola privata, per seguire i suoi amici, mettendo in crisi il sistema dei due genitori un po’ radical chic “ironici e anticonformisti che nascondono una zona d’ombra inaspettata e toccante”, come li ha definiti ‘Le Monde’ recensendo ottimamente il film, che hanno sempre sostenuto invece la scelta pubblica. Ne scaturisce una riflessione profonda su temi spesso sottovalutati come la laicità e il valore sociale dell’istruzione. Il titolo originale, La Lutte des Classes, gioca simpaticamente con echi marxisti e naturalmente il concetto di classe scolastica.
“Lavorando a questo soggetto – dice il regista – abbiamo notato quanto il divario si stia allargando tra le due scuole, la scuola dei “ricchi” e la scuola “dei poveri”. Questa problematica di lotta di classe si interseca con altre questioni culturali e riguardanti la comunità. Siamo rimasti colpiti da una manifestazione di madri di famiglia a Tolosa. Quasi tutte di origine straniera, reclamavano “dei bianchi” nella scuola dei loro figli. Una delle frasi che amo di più nel film la pronuncia Paul quando dice: “Oggi “Bianco” non è più il colore della pelle, ma una classe sociale. Abbiamo fatto un film per provare a districare dei sentimenti confusi. Per fare qualcosa di corretto, a volte è necessario uscire dal realismo, dagli schemi. L’importante è il punto di vista. Il realismo non è una mia preoccupazione, la correttezza sì. In una commedia possiamo sovrapporre vari punti di vista e lasciare che sia lo spettatore a farsi una sua opinione. In più, ho voglia di far divertire le persone, di trasformare la pesantezza in leggerezza. Questo è il mio lavoro. Credere nei valori della sinistra a volte ci mette in situazioni difficili, impossibili. La mia generazione, cresciuta negli anni Ottanta, ha trascorso tutta la vita a essere delusa dalla sinistra, ma questo non è un motivo per diventare di destra. Ma il fatto stesso di essere di sinistra non è contraddittorio? Di- fendere le proprie idee e contemporaneamente accettare quelle degli altri? Le storie che io voglio raccontare iniziano proprio da lì. Senza mai essere cinico, perché se c’è una corda che non ho, ma che si vede molto spesso nella commedia francese, è il cinismo. Possiamo ridere di tutti i nostri personaggi, ma mai prendendone le distanze, mai dicendo: “Sono loro, non siamo noi”.
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