ROMA – Un anno dopo l’anteprima di E la festa continua!, Robert Guédiguian torna alla Festa del Cinema di Roma 2024, seziona Grand Public, con la sua ultima opera La gazza ladra (La Pie Voleuse), che arriverà nelle sale italiane a inizio 2025.
Come sempre, il regista francese ambienta il film nella solare Marsiglia e sceglie come protagonista la moglie Ariane Ascaride. L’attrice interpreta Maria, una donna che non è più una ragazza, anzi è una nonna che dovrebbe solo godersi la pensione. Purtroppo le ristrettezze economiche portate anche da un marito ludopatico la costringono a continuare a lavorare come badante per uomini anziani: pulisce, cucina, fa la spesa e, con ingenua naturalezza, tiene il resto per sé o si compra qualche amata ostrica da mangiare ascoltando Rubinstein. Un’abitudine che peggiora quando la donna decide di aiutare il nipotino ad entrare al conservatorio, comprandogli un pianoforte e pagandogli le lezioni private con i soldi rubati dai suoi assistiti. Quando per una sfortunata coincidenza il suo segreto verrà svelato, delle conseguenze impreviste si riverseranno sulla sua famiglia e su quella del suo assistito più caro, interpretato da Jean-Pierre Darroussin.
Robert Guédiguian, partirei da un elemento che spesso è considerato secondario, ma che qui di certo non lo è: la musica. Il suono del pianoforte non è solo diegetico, ma accompagna il racconto con una colonna sonora interamente realizzata con questo strumento. Come ci avete lavorato?
L’idea era di fare un film molto semplice alla base, che dicesse delle cose, ma non attraverso i dialoghi. Volevo lavorare come se fosse un film muto, dando rilievo all’espressione dei personaggi, ma con tantissima musica. Ovviamente il fatto che uno dei personaggi suonasse il pianoforte lo rendeva centrale nel film. Abbiamo chiesto a un amico compositore di comporre la colonna sonora, che lui ha fatto via via che montavamo il film. È stato un modo di lavorare molto interessante, che è andato bene per questo film, ma che non andrebbe bene per altri. Lui ci proponeva delle musiche mentre noi eravamo al montaggio e ce ne sono state tante che non abbiamo inserito nel film. Un procedimento molto gradevole.
Il personaggio di Maria riversa sul nipote tutta la sua passione e le aspettative. Il rimpianto è un tema centrale del film. Lei ha dei rimpianti?
Credo che sia impossibile non avere dei rimpianti. Anche quando uno è sodisfatto della propria vita e ritiene di vivere bene, non può non averne. È connaturato all’essere umano, anche per chi conduce una vita esemplare. Non è possibile realizzare tutti i propri desideri, fare sempre quello che si vuole, senza far mai torto a nessuno. L’essere umano è alla ricerca costante di un equilibrio, che ovviamente cambia e non bisogna mai concentrarsi sugli aspetti negativi. L’equilibrio più importante è quello tra i rimpianti e i bei ricordi.
Un momento di svolta all’interno del film è la nascita improvvisa e passionale di una relazione che mette in crisi non uno, ma ben due matrimoni che sembravano felici. Secondo lei l’amore non guarda in faccia? Sa essere spietato?
Credo che tutto ciò sia una cosa bella. Capitano che ci siano degli innamoramenti folgoranti a cui non è possibile resistere. Certo, ci sono delle vittime. L’unica cosa che ci si può augurare in questi casi è che a loro accada la stessa cosa, il più presto possibile, magari qualche settimana dopo essere stati vigliaccamente abbandonati. Questo fa parte del gioco, fa parte della possibilità di cambiare la propria vita, io credo che il motore del mondo sia il desiderio, quindi è giusto così.
Da quaranta anni racconta la sua città, Marsiglia, lavora con gli stessi attori, che invecchiano decennio dopo decennio. È uno stimolo alla creatività? Non c’è mai un momento in cui teme di avere finito le idee?
No, è un modo di lavorare che ha pregi e difetti. Se l’ho scelto è perché lo trovo estremamente stimolante. Marsiglia è un luogo che produce delle storie che mi interessa raccontare, naturalmente anche i luoghi cambiano. Il quartiere è lo stesso, le case cambiano. Così come i miei protagonisti non sono più gli stessi, un conto è averli ventenni, un conto è averli quarantenni.
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