La folle vita dei registi belgi Raphaël Balboni e Ann Sirot racconta di Alex e Noémi – interpretati da Jean Le Peltier e Lucie Debay – due trentenni affiatati e desiderosi di metter su famiglia. I loro piani vengono sconvolti quando la madre di Alex, Suzanne (Jo Deseure), inizia a comportarsi in modo a dir poco bizzarro.
A causa di una patologia neurodegenerativa, la demenza semantica, inizia a spendere cifre sconsiderate, entra in casa dei vicini nel bel mezzo della notte, o, ancora, utilizza colla e forbici per realizzare una finta patente di guida. A poco a poco Suzanne diventa una bambina incontrollabile: ciò metterà inaspettatamente in crisi la relazione e i propositi genitoriali del figlio e della sua fidanzata.
Un dramma familiare comune a tanti che qui è raccontato con lo stile di una commedia colorata e stilizzata, a tratti amara, a tratti buffissima. Suzanne è una gallerista estrosa e piena di vita con un figlio, innamorato della sua fidanzata. In una delle prime scene li vediamo tutti e tre insieme scegliere un nuovo letto, regalo della mamma, con corredo di lenzuola a fiorellini che diventeranno uno dei Leitmotiv cromatici del film. Ben presto si scopre che Suzanne è completamente al verde e i suoi cinque (!) conti in banca sono prosciugati. Le stranezze e le incongruenze si moltiplicano fino alla diagnosi di demenza semantica, una malattia simile all’Alzheimer che toglie ogni inibizione. Neanche la presenza di un badante rocker (Gilles Remiche) riuscirà a tenere a bada la scatenata anziana che ne combina di tutti i colori e spesso risulta insopportabile.
Il film nasce da un’esperienza personale, come raccontano gli stessi registi, all’opera prima dopo alcuni cortometraggi: “constatare che il proprio genitore sta entrando nell’età senile quando tu hai appena compiuto trent’anni, mette la tua vita sottosopra. A trent’anni non riesci a concepire la morte, hai appena iniziato a concretizzare la tua vita da adulto. In breve, invece, ti ritrovi a comprare pannolini sia per il genitore che per tuo figlio”.
Suzanne è inarrestabile: ruba, mangia con avidità caramelle, vuole guidare a tutti i costi l’auto pur non essendo più in grado di farlo, parla a raffica… Il figlio e la nuora affrontano la sfida con due approcci diversi, se non opposti. Lui cerca di controllare l’esuberanza materna, di tenerla sotto controllo, dedicandosi anima e corpo all’impresa a costo di sfasciare il suo rapporto di coppia, mentre la giovane compagna cerca di entrare nei ritmi e nelle pulsioni di Suzanne e di godersi, in un certo senso, la vita con lei. “Quando vivi con qualcuno affetto da demenza semantica – proseguono i registi – inizi a diventare consapevole di quali siano i limiti convenzionali, e realizzi quanto siano interiorizzati i codici di condotta che mettiamo in pratica nella vita di tutti i giorni. Ogni volta che una persona affetta da questa malattia parla o agisce, valica delle barriere, il registro di regole che diamo per scontate: come, ad esempio, addentare frutta tra i corridoi del supermercato o realizzare banconote fai-da-te. L’espressione di queste reazioni ribelli sta al cuore della malattia. Certamente, questo genere di manifestazioni crea ogni sorta di problemi, ma il paziente può diventare una rara opportunità per prendere le distanze e acquisire una nuova prospettiva su come viviamo”.
Il film racconta dunque, tra il serio e il faceto, la trasformazione di Alex, che smette di chiedersi cosa pensano gli altri se la madre si presenta in mutande e la accetta così com’è, amandola anche più di prima. Nel ruolo di Suzanne la divertentissima Jo Deseure, dall’aria stralunata, “l’abbiamo vista nel cortometraggio Le Petit Chevalier di Emmanuel Marre – dicono i registi – Il suo modo di recitare autentico e distante allo stesso tempo ci ha impressionati. In seguito, abbiamo incontrato Jo per provare qualche scena e l’abbiamo scelta immediatamente”.
La folle vita è al cinema dal 29 giugno con Wanted Cinema.
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