Cosa spinge un ragazzo di 19 anni nato e cresciuto a Taranto, figlio di artigiani, a lasciare tutto e dedicarsi anima e corpo ad aiutare gli ultimi nelle zone più a rischio del pianeta?
Distribuito da Minerva Pictures, il film documentario La febbre di Gennaro per la regia di Daniele Cini, racconta la storia di Gennaro Giudetti, giovane tarantino di 29 anni che da dieci anni, prima come volontario poi come operatore umanitario, è impegnato ad aiutare i più svantaggiati in contesti di guerra in tutto il mondo.
Prodotto da Claudia Pampinella per Talpa Produzioni, in co-produzione con D4 Srl e realizzato in collaborazione con Medici Senza Frontiere, Associazione Comunità Giovanni XXIII e Sea Watch, La febbre di Gennaro sarà disponibile dal 2 aprile su Sky Primafila, Chili, Rakuten TV, Apple TV, Google Play e The Film Club.
Il documentario ripercorre la vita di Gennaro che si snoda attraverso un incessante giro intorno al mondo, dalla Colombia in difesa dei contadini locali, alla Palestina dove accompagna a scuola i bambini palestinesi, ai corridoi umanitari per siriani in Libano, poi a bordo di una nave di ricerca e soccorso nel Mediterraneo per passare alle epidemie come Ebola in Repubblica Democratica del Congo e al Covid-19 prima in Italia e ora in Yemen, come operatore umanitario di MSF.
Tra il continuo salire e scendere da un aereo, Gennaro racconta anche il profondo legame con la sua terra Taranto, dove ogni volta che prepara nuovamente il suo zaino lascia l’affetto della famiglia e degli amici. “Sono diverse le motivazioni che mi spingono a partire ma una su tutte: non voltare le spalle quando una persona ti chiede aiuto”, dichiara Gennaro Giudetti, nel Mar Mediterraneo, a Codogno per il Covid-19, in Congo per l’emergenza Ebola. “E poi anche un senso di giustizia e un forte senso di empatia per chi soffre in un mondo che ormai è interconnesso e noi siamo legati a quello che succede in altre parti del globo. Le guerre dipendono anche da noi”’.
C’è una specie d’irrequietudine, di febbrile bisogno di rendersi utile – lo stesso che ha ispirato il titolo – che emerge continuamente dai suoi racconti e dalle immagini che hanno testimoniato alcuni percorsi della sua vita. E a proposito della missione in Congo con MSF: “’In Congo per esempio – continua Gennaro Giudetti – noi non ci possiamo sostituire allo Stato. Noi siamo una stampella ma non una gamba. Abbiamo contribuito a fermare l’emergenza della pandemia dell’Ebola che però ritorna ciclicamente. Io lavorando nel team d’urgenza appartengo al gruppo che parte nel giro di 24/48 per l’estero”.
E sull’ultima missione vissuta dentro l’ospedale di Lodi dove Gennaro è stato chiamato per l’emergenza Covid-19 conclude: “Sono entrato in maniera rapida nel contesto perché parlavamo tutti la stessa lingua, a livello emotivo è stato molto più difficile perché nei paesi esteri il distacco culturale ti permette di essere molto più lucido, questa volta no perché le persone potevano essere tuoi vicini di casa, i tuoi amici. Il livello relazionale era molto più vicino e non c’era la barriera della cultura”’.
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