Marco Müller è il nuovo direttore artistico del Festival del cinema di Roma. Lo ha deciso oggi il Consiglio di amministrazione della Fondazione Cinema per Roma, presieduto dal presidente Paolo Ferrari e composto dai consiglieri: Michele Lo Foco (Comune di Roma), Salvatore Ronghi (Regione Lazio), Massimo Ghini (Provincia di Roma), Andrea Mondello (Camera di Commercio) e Carlo Fuortes (Musica per Roma).
A quanto riferito da Lo Foco al termine del Cda, la votazione è andata come previsto: hanno espresso voto contrario la Provincia di Roma e la Camera di Commercio, mentre la Fondazione Musica per Roma si è astenuta. Favorevoli i due voti del presidente e quelli di Regione e del Campidoglio.
Sempre Lo Foco specifica che il compenso di Műller “è lo stesso della signora Detassis”, che lo ha preceduto nell’incarico: 150mila euro l’anno.
“Sono particolarmente soddisfatto della nomina di Müller come direttore artistico – ha detto Ferrari – Sono convinto che sia uno straordinario professionista stimato sia in Italia che all’estero. Saranno mesi intensi per tutti noi, dobbiamo preparare un grande Festival, questa città lo merita. Auguro buon lavoro a Müller e a tutto lo staff della Fondazione con il forte auspicio di un’ottima riuscita della manifestazione”.
“Non potrei essere più felice – dichiara invece il diretto interessato – torno dopo ventidue anni nella mia città per lavorare ad un progetto entusiasmante: il nuovo sviluppo, dopo i risultati dei primi sei anni, del lavoro di un festival che vuole aderire sempre meglio ai bisogni di chi il cinema lo fa, di chi lo fa vedere e di chi lo va a vedere. Ricordate come doveva chiamarsi in origine La dolce vita di Federico Fellini? Il primo titolo era La bella confusione. Usciamo da tre mesi di “bella confusione”, che può apparirci come la forma del nostro tempo. Se viviamo, dunque, in un’epoca di disarmonia prestabilita, questo può essere interpretato anche come un segnale. Perché testimonia il desiderio di rimescolare le carte per ricominciare la partita, il desiderio di rinnovamento delle storie e delle forme che non possiamo non avvertire.
Dobbiamo cominciare ad immaginare, allora, un festival che rimanga ricettivo, aperto a continui riaggiustamenti di rotta, così da saper trascrivere in presa diretta le trasformazioni del continente audiovisivo. E ora, come dice il Presidente Ferrari, basta con le chiacchiere: rimbocchiamoci le maniche e cominciamo a lavorare”.
Müller arriva al timone del festival capitolino con alle spalle una lunga carriera segnata dalla passione per i temi orientali, in linea con i suoi studi su orientalismo e antropologia poi capitalizzati con un dottorato di stato in Cina. Dopo, una intensa attività di ricercatore e docente: seminari e corsi, pubblicazioni di etnologia ed etnomusicologia. L’approdo al cinema è tardo, tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta: Mueller si misura con il ruolo di critico, con articoli su riviste del settore in Italia, Francia e Svizzera, e poi come autore e sceneggiatore di documentari per la Rai. Nello stesso periodo inizia a collaborare con vari festival europei, curando programmazioni monografiche.
Nel 2004 la nomina a responsabile del Settore Cinema della Fondazione La Biennale di Venezia e direttore artistico della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, ruolo che manterrà per otto anni consecutivi, fino al termine del 2011.
Il neo-direttore ha già anticipato qualcosa di quel che ha in mente: “Un festival che vada oltre i soliti 11 giorni, che possa prevedere anche una festa estiva e che metta insieme i gusti del grande pubblico con il migliore cinema d’autore. Sarà fatto su misura per questa città, per andare incontro alle esigenze e alle visioni di chi i film li fa, li fa girare e del pubblico. Penso a un festival che possa andare anche oltre gli 11 giorni del macro evento. Io sono quello che reinventato la Piazza Grande di Locarno, che ha sdoganato il cinema americano portando alcuni dei grandi film nella stagione estiva, e dialogando con i cineasti indipendenti. Abbiamo fatto proiezioni per 12 mila persone, e poi l’inedito di Kiarostami. Dunque, perché non cercare una programmazione dove uno più uno non faccia per forza due, ma suggerisca un due e mezzo o tre?”.
A chi gli chiedeva un parere sul lungo dibattito tra ‘Festa’ e ‘Festival’, ha risposto: “Sarebbe bello avere anche una Festa estiva del cinema, distinguendo i due momenti. Roma lo chiede, è la città che meglio si presta al mondo. Possiamo camminare sulle due gambe, confermando naturalmente il consolidato Festival e la consolidata Business Street”. A chi gli chiedeva infine quando durerà complessivamente, il direttore ha risposto: “Questo è un grande mistero. Per ora non possiamo più parlare di un evento consueto. Possibilmente, se ci riusciamo, dal 2012 sarà un Festival capitale per la capitale”.
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