VENEZIA – “Come se i nostri uomini fossero tonni o qualche bottino di pesce, il nemico continuò a colpire con remi spezzati e frammenti di navi distrutte. Grida e gemiti riempirono il mare fino a quando la faccia della notte nera nascose la scena”, scriveva Eschilo narrando della sconfitta persiana nella drammatica battaglia di Salamina, una delle più importanti battaglie navali della storia antica che si risolse in una completa vittoria per i Greci che accerchiarono le navi nemiche e massacrarono i persiani trucidandoli, appunto, “come tonni”. Da questa immagine parte As If We Were Tuna (Come se fossimo tonni) corto realizzato da Francesco Zizola – uno dei più affermati fotografi italiani che per il suo lavoro ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui dieci World Press Photo e sei Picture of the Year International – che in questo incipit ha voluto inserire anche un ammonimento e una metafora della fine che rischia di fare l’uomo contemporaneo se non rivede il suo rapporto con la natura. Un rapporto caratterizzato da arroganza e superbia umana, che ne mette in luce gli evidenti limiti: “L’uomo è in grado di dominare la natura, ma dominandola e non rispettandola limita e pregiudica il suo stesso futuro, creando con le proprie mani la condizione di trasformarsi in tonni in trappola”, sottolinea Zizola.
“Il film è stata un’inaspettata necessità rispetto alla mia professione di fotografo – continua – ho sentito il bisogno di mettere in luce la Hybris dell’uomo contemporaneo nel suo rapporto con gli elementi naturali, partendo proprio dal primo, l’acqua, realizzando che il livello emotivo della narrazione poteva essere arricchito dalle immagini in movimento”. Il corto, così come gli scatti fotografici che Zizola ha realizzato prima di iniziare a girare, fanno parte di un progetto più ampio sulla Hybris dell’uomo moderno rispetto ai quattro elementi naturali, “un percorso di sollecitazione di domande sulla necessità di ripensare il rapporto tra uomo e natura”. Oltre a documentare alcune delle ultime tonnare che ancora utilizzano metodi tradizionali per la pesca del tonno, Zizola ha voluto sottolineare anche il loro ruolo nell’utilizzo di un antico metodo di pesca indubbiamente crudele ma ecosostenibile: estremamente selettiva e tradizionalmente finalizzata a catturare solo il necessario per il sostentamento, la mattanza rispetta il ciclo della vita marina e dei suoi organismi, a differenza della pesca industriale, che poco si preoccupa di preservare dell’ecosistema marino che sta miseramente impoverendo.
Ogni anno, tra aprile e giugno, grandi banchi di enormi tonni rosso arrivano dall’Oceano per raggiungere le acque limpide e calde del Mar Mediterraneo. Abili pescatori in agguato, i tonnaroti, si preparano a calare grandi e complesse reti nel mare che condurranno il pesce attraverso il labirinto di camere che li porterà alla fine. Tra le varie camere create dalle reti, la più importante per la cattura del tonno è la “camera della morte”, così chiamata perché ospita il rito della mattanza che non è soltanto l’atto finale della pesca del tonno, ma anche un rituale sacro che ha ispirato poeti e filosofi attraverso i secoli. Il linguaggio non si avvale di un testo didascalico, ma sembra suggerire una metafora dell’eterno conflitto tra l’uomo e la natura, passando di continuo dalla soggettiva dei tonni a quella degli uccelli che osservano con distacco dall’altro, allo sguardo dell’uomo, instabile e frenetico, quasi fastidioso. “Visioni che si alternano a volte in modo sincopato, soprattutto verso la fine quando sembra che l’epilogo sia scontato, ma non è detto. E quello dell’uomo è uno sguardo instabile perché per raccontare e confrontarsi con la natura occorre perdere l’equilibrio”
As If We Were Tuna presentato come evento speciale alla Giornate degli Autori e realizzato con immagini e suoni ripresi durante la pesca del tonno rosso a Portoscuso e Porto Paglia, in Sardegna, dove ancora esiste il rituale della mattanza, ha vinto il premio SIAE per il talento creativo “per un linguaggio visuale di grande intensità, per l’abilità con cui utilizza il suono e l’immagine in un “Atto senza parole” che rimanda alla tradizione classica e suona, al contempo, ammonimento per l’uomo contemporaneo a contatto con la natura e le sue radici”.
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