Non fatevi ingannare dallo scenario politico, la lotta di un popolo per la libertà e la democrazia contro una feroce dittatura militare che appare centrale in The Lady di Luc Besson, una coproduzione franco-inglese girata in Thailandia, e che apre fuori concorso il Festival. Il film è innanzitutto una grande storia d’amore e di dedizione tra Aung San Suu Kyi, leader del movimento democratico birmano e premio Nobel per la pace tornata libera dopo quasi vent’anni di arresti domiciliari nel novembre 2010, e il marito l’accademico Michael Aris che l’aiuta in tutti modi, accettando la loro separazione anche di anni. “Più che la dimensione politica mi interessava quella umana, in particolare una donna che sceglie di abbandonare il marito e i figli per liberare il proprio popolo dal regime militare”, spiega Besson.
All’inizio il regista era intenzionato solo a produrre il film, ma la lettura della sceneggiatura l’ha commosso tanto da cancellare tutti gli altri impegni per i mesi successivi. “La verità è che non volevo che qualcun altro realizzasse questo film rovinandolo”.
Un film importante che testimonia come Aung San Suu Kyi sia riuscita con la nonviolenza – nel film la vediamo leggere un testo di Gandhi – a impegnarsi rischiando la vita per la democrazia nel proprio Paese. “Mi auguro che lei diventi presto primo ministro e presidente della Birmania”.
La più grande difficoltà per Besson è stata nel garantire l’assoluto rispetto verso una persona in vita e che non ha avuto la possibilità d’incontrare. “Ho cercato di avvicinarmi il più possibile alla realtà. Così l’appartamento inglese è quello originale, la casa di Rangoon è il più possibile fedele, dagli oggetti al numero civico. La scena in cui lei ascolta alla radio la sua designazione al Nobel per la pace è andata veramente come la racconto”. E il regista, consapevole di affrontare una vicenda dai toni forti, spiega che grazie ai due straordinari interpreti ha cercato una scrittura sobria e non sopra le righe.
Michelle Yeoh, star malese protagonista di La tigre e il dragone di Ang Lee, ha costruito il suo personaggio, soprannominata nel film ‘un’orchidea d’acciaio’, partendo da materiali video d’archivio, dai suoi scritti, senza mai aver potuto parlare con Aung San Suu Kyi neppure al telefono e imparando il birmano. “Non dovevo imitarla ma interpretare il pensiero e i principi di una donna amata e rispettata dal suo popolo e dagli oppressi di tutto il mondo. Mi ha colpito il suo senso di sacrificio, l’accettare il fatto che ci siano cose più importanti di te”.
David Thewlis è un marito premuoroso e paziente, pronto a farsi carico di tutti i doveri familiari, assente la moglie, ma anche un consigliere prezioso nella battaglia politica. “Spesso si dice che dietro un grande uomo c’è una grande donna, qui vale il contrario”, ironizza il regista. Non è stato facile per l’attore inglese calarsi nella parte del marito: “Ho avuto a disposizione poche interviste in cui esprimeva angoscia e dolore, tranne quei pochi secondi, una volta arrivato a Rangoon, quando l’ho trovato felice e un po’ brillo. E poi mi ha ispirato la sua bella voce, e questa sua rinuncia a una vita normale per amore della moglie”.
Durante la lavorazione di The Lady è arrivata la notizia improvvisa che l’attivista birmana non era più agli arresti domiciliari e dunque libera di circolare. “E’ accaduto il giorno in cui abbiamo realizzato la sequenza in cui il corteo dei monaci si ferma davanti alla sua casa e lei lo saluta – ricorda Besson – Ebbene una scena simile l’ho vista poche ore dopo in televisione e per un attimo ho pensato che qualcuno avesse ripreso di nascosto quanto avevo appena girato”.
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