Non è un western, come potrebbe suggerire il titolo, ma una commedia garbata e crudele, intelligente e molto contemporanea, Una pistola en cada mano, del catalano Cesc Gay, film di chiusura, purtroppo fuori concorso, del Festival di Roma.
Mettendo insieme alcuni tra i più bravi attori di lingua spagnola (Jordi Mollà, Ricardo Darìn, Leonardo Sbaraglia, Eduardo Noriega, Luis Tosar, Javier Càmara, Alberto San Juan, Eduard Fernandez) racconta con stile quasi teatrale un momento nella vita di otto maschi, tra i 40 e i 50 anni. Ciascuno di loro, viene messo in crisi, preso in giro o incollato alle proprie responsabilità dalle donne, compagne, ex mogli, potenziali amanti, amiche. “Volevo fare una riflessione sulle scarse virtù degli uomini nell’esprimere i propri sentimenti”, spiega il cineasta, già autore di Krampack.
Tutto avviene attraverso il dialogo, spesso per incontri imprevisti, come quello tra un marito cornuto ma ancora innamorato e l’amante della moglie o quello tra due ex compagni di scuola, uno realizzato ma nevrotico, l’altro sfigato ma pieno di sé. “Gli uomini voglio avere il controllo e odiano perderlo – dice ancora il regista – così li ho messi in situazione inattese di fragilità, spesso confrontandoli con donne che non vogliono aggredire o litigare ma solo metter le cose in chiaro, cosa che li umilia ancora di più”. Come capita al giovane padre di famiglia che vorrebbe fare sesso con la vicina di scrivania, ma si ritrova beffato oppure alla moglie in attesa di divorzio che respinge un ritorno di fiamma un po’ patetico. “Cesc ha una visione ironica ma anche molta compassione per i suoi personaggi”, dice Leonor Watling, una delle interpreti femminili.
Non mancano i riferimenti al cinema italiano a episodi. “Ricordo in particolare un film così con Vittorio Gassman che mi colpì molto e un altro con Mastroianni. Forse perché io preferisco le canzoni e i racconti brevi alle storie lunghe. Però la produttrice mi ha obbligato a dare una veste unitaria al film, perché quelli a episodi sono più difficili da vendere”.
Infine sul bizzarro titolo, che non contiene alcuna allusione sessuale, come si potrebbe pensare, ma vuole rendere omaggio ai due miti ‘macho’ di Cesc Gay, John Wayne e Robert Mitchum.
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