La “cine-lotta” di Pino Solanas: “Ci hanno rubato l’oro nero”


VENEZIA – L’impegno politico è tutt’uno con quello cinematografico per Fernando “Pino” Solanas, il cineasta argentino che negli ultimi sette anni si è impegnato in un mastodontico progetto filmico che serviva a fare “una riflessione e un ritratto della crisi argentina” in sei documentari. Alle Giornate degli Aautori di Venezia ha portato l’ultimo tassello del suo affresco Cronache della Causa del Sud dal titolo Tierra sublevada II Oro negro, in cui si concentra sulle conseguenze della privatizzazione delle risorse petrolifere nel suo paese, entrando con i suoi occhi sensibili e la sua telecamera attenta in molti giacimenti argentini. “L’Argentina è stato il primo paese occidentale ad avere un’azienda petrolifera di Stato nel 1923 – ricorda Solanas – è stata un’epopea straordinaria, vendevamo combustibile a Italia, Spagna, Francia… Oggi la privatizzazione, e soprattutto la complicità del governo con le multinazionali private, ha portato alla conseguenza che l’Argentina importa petrolio, è uno scandalo”.

Prima della privatizzazione del settore petrolifero, “Pino” aveva puntato il dito sul “genocidio sociale” causato dal neoliberismo spinto in Memoria del saqueo – “con cui abbiamo costretto il governo a inserire nell’agenda politica temi prima censurati”, dice – e sulla reazione della società civile in La dignidad de los nadies; sul ruolo dell’università in Argentina latente; sulla privatizzazione dell’azienda ferroviaria in La proxima estacion e sulle miniere in Tierra sublevada I Oro impuro. “E’ incredibile che stiamo andando nella direzione contraria nonostante l’esperienza vissuta – sostiene il regista – Dei premi Nobel come Joseph Stieglitz e Paul Krugman hanno detto che Obama non ha fatto ciò che aveva promesso, e ha sostenuto il settore bancario anziché lo Stato”.

Per Solanas – che è anche deputato e possibile candidato alla Presidenza dell’Argentina – “è scandaloso che i politici ballino il tango con i pirati di sempre, e che prendano i soldi pubblici dei fondi pensione per sostenere i privati”. Il 75enne cineasta non mostra dunque nessuna intenzione di arrendersi, anzi. Il suo spirito combattivo inesauribile e la sua lotta al fianco dei “nadies” (i “nessuno”) per difendere i loro diritti e la loro dignità non si fermerà: “Vogliamo cambiare l’Argentina per via democratica, anche se sarà un processo lungo”. Che nell’immediato porterà avanti con il prossimo capitolo della sua denuncia cinepolitica, dedicato alle questioni di “terra e proprietà”.

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10 Settembre 2011

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