CANNES – Si parla di Tito, delle linee di demarcazione che hanno diviso territori, città e case, del “pesce che non abbiamo più voglia di mangiare perché in mare ci sono troppi morti”, della rivendicazione di un’identità austroungarica e dei flirt da quarta età. Succede in L’ultima spiaggia, primo italiano a passare a Cannes come proiezione speciale della Selezione ufficiale, in mancanza di titoli in gara per la Palma d’oro. Diretto dal triestino Davide Del Degan e dal greco Thanos Anastopoulos, il film nasce dalla lunga osservazione della spiaggia del Pedocìn a Trieste, dove sorge uno stabilimento che da sempre – e probabilmente per sempre – separa i bagni di uomini e donne con un muro di cemento.
Un luogo fortemente simbolico che in realtà esprime, dicono i registi, un senso di libertà: “Spesso si è parlato di abbatterlo, ma non si è mai fatto perché i triestini sono contrari e lo vogliono mantenere. In questa spiaggia si concedono la libertà di stare da soli con altri uomini o altre donne, e per molti è anche il simbolo di un passato di gloria legato all’Impero Austro-ungarico”. Girato nel corso di un anno, osservando i bagnanti “senza mai provocarne i discorsi o metterli in scena per migliorare l’inquadratura”, L’ultima spiaggia “racconta una storia talmente locale da diventare universale” sottolineano Del Degan e Anastopoulos, ma anche un luogo unico in cui “le famiglie arrivano la mattina, timbrano e poi si separano dalle due parti del muro. Solo i bambini fino ai 12 anni hanno il diritto di spostarsi da un lato all’altro. Il Pedocìn è uno spazio di identità aperto 365 giorni l’anno”. Il film, prodotto da Mansarda Production, Fantasia Audiovisual, Arizona Production con Rai Cinema e il Centro della cinematografia greco, è in trattative per una distribuzione italiana.
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Alla fine Valeria Golino lo dice chiaramente. "C'è stata unanimità? Quasi". E aggiunge: "Ci sono state lunghe discussioni, ma nessuna decisione è stata presa coi musi", e definisce l'esperienza appena conclusa "faticosa e memorabile". A caldo è abbastanza evidente che la giuria di George Miller ha dovuto fare un bel po' di compromessi. Due particolari rivelatori. Il doppio premio a The Salesman, il bel film di Asghar Farhadi che forse avrebbe meritato la Palma d'oro, e il premio per la regia ex aequo. I premi
E’ Ken Loach con I, Daniel Blake il re del palmarès di Cannes 2016. Seconda Palma a dieci anni di distanza per il regista britannico, che aveva già conquistato il premio con Il vento che accarezza l'erba. “Cercate di restare forti, per favore. Ci sono persone che faticano a trovare il cibo nel quinto paese più ricco del mondo – ha detto il regista alla premiazione – il cinema serva anche a dare speranza. Un altro mondo è possibile e necessario”. Fanno colore le copiose lacrime di Xavier Dolan e l'esuberanza di Houda Benyamina, vincitrice della Camera d'or. I premi