“Piccoli Leoni…crescono”, “Sfida doppia per battere anche Cannes”, “Quante belle gare in barba al Sessantotto”, “Tutti in gara un po’ confusamente”, questi alcuni dei titoli che hanno salutato i cambiamenti del palinsesto veneziano, in particolare la creazione dei tre Leoni (d’Oro e dell’Anno per i due Concorsi, e quello del Futuro). Ma il tono generale della stampa è diviso tra una fiduciosa apertura di credito alle scelte del direttore Alberto Barbera e un latente scetticismo in attesa del consuntivo finale, a Mostra appena conclusa.
Tra i sostenitori Gian Luigi Rondi, ex direttore della Mostra, che su Il Tempo scrive che l’edizione 2001 “approfondisce e aggiorna la sua vocazione in difesa del cinema d’autore”. C’è anche Valerio Caprara convinto, su Il Mattino, che la Mostra abbia intenzione di riprendersi la leadership mondiale, e che il programma 2001 raccolga con tempestività questa sfida.
Il produttore Lionello Cerri condivide l’intento di distinguere due linguaggi diversi di cinema, “cercando di dare più risalto a film che forse ne avrebbero meno”.
Sul fronte degli scettici Il Foglio che rileva il tentativo di conciliare le anteprime dei grandi film spettacolari, soprattutto americani, con le pellicole più sperimentali, d’autore. E poi Avvenire, cioè Francesco Bolzoni, che parla di restauri indispensabili, “ma non si capisce bene in quale parte del palazzo iniziarli e se ci sono restauratori validi”.
Assolutamente contrario Tullio Kezich che, sul Corriere della Sera, scrive di una suddivisione delle sezioni arbitraria, di un raddoppio dei Leoni inventato soltanto per soddisfare le richieste dei produttori alla ricerca di più riconoscimenti possibili. Previsione finale di Kezich: “Questo leoncino fantasma non avrà vita lunga. Forse già l’anno prossimo si deciderà di abolirlo”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Felice Laudadio, in veste di direttore di festival: “Il Leone di Venezia era uno e indiscutibile, la moltiplicazione annacqua il concetto e il valore stesso del riconoscimento. Il vero Leone per me è essere stati scelti al Lido e tanto basta: non servono più i premi”.
Da segnalare la piacevole testimonianza di Alberto Crespi che, dalle colonne de l’Unità, racconta la fatica, appena terminata, di consulente e selezionatore della Mostra, alle prese, insieme agli quattro compagni di viaggio, con quasi mille film in due mesi, con una media di sedici proiezioni al giorno. Rimaniamo in attesa di una cronaca a puntate del mestiere di selezionatore. E ci piacerebbe magari leggere il diario di qualche giurato alla Mostra di Venezia.
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